Fernando Garbellotto. Spazi d’esperienza


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Si apre oggi, 16 ottobre è rimarrà aperta fino al prossimo 22 novembre, la mostra personale di Fernando Garbellotto, negli spazi espositivi della ex Chiesa dei SS. Giacomo e Cristoforo di Santo Stefano Belbo (CN) della Fondazione Cesare Pavese. La mostra, realizzata a cura di Anselmo Villata, è promossa dalla Fondazione Cesare Pavese e farà da cornice al Premio Cesare Pavese 2020; è organizzata e realizzata dall’I.N.A.C., Istituto Nazionale d’Arte Contemporanea, in collaborazione con la stessa Fondazione Cesare Pavese.

Fernando Garbellotto, Rete Frattale

Parte della mostra, e opera di rilevante importanza sia nell’espressione artistica di Garbellotto che nella costruzione della mostra, è anche una grande installazione che occupa la navata centrale della chiesa. Infatti, così il curatore Anselmo Villata presenta quest’opera nodale: “… Il dialogo con l’architettura circostante è, così, esso stesso un elemento caratterizzante dell’installazione che non è mai stata e non sarà mai più la stessa: scorci, visioni, particolari e prospettive si offrono, volutamente, con caducità. Così l’attimo e l’attesa ampliano il coinvolgimento percettivo ricercato da Fernando Garbellotto, che dallo studio scientifico alla realizzazione ponderata e razionale della sua creazione, distilla dall’esperienza di ognuno di noi sensazioni e sentimenti di grande intensità.”

Precisazione che introduce anche all’accostamento individuale a ognuna delle opere esposte e al lavoro in generale dell’artista portogruarese.

Fin dalle origini delle sue riflessioni sull’arte, figuratività e astrazione sono sempre stati punti focali dai quali proviene il linguaggio della sua espressione e che sono divenuti tra loro complementari e non più contrapposti nelle sue creazioni. È la vita stessa, concreta e reale, che si svolge caratterizzata dal pensiero, astratto, e le due condizioni non possono essere disgiunte. Tuttavia, malgrado la loro natura agli antipodi, rientrano nel concetto di realtà: fisica o immateriale, ma parti essenziali del dualismo naturale. Ecco che si comincia ad avere la cognizione della costruzione frattale delle opere, nelle quali convivono e si completano dei sistemi di reti in altri sistemi di reti, con annodamenti che presuppongono legami indispensabili e vitali a tutto il sistema globale. La ripetizione dal grande al più piccolo, sempre strutturalmente uguali ma di minori dimensioni, così come avviene anche in natura. Si può a ragion veduta, parlare di microcosmo in cui si riflette il macrocosmo, con tutta la complessità per la maggior parte ancora misteriosa per l’uomo. Questi intrecci narrano, o alludono, alla natura, all’universo, alla fauna, alla flora, all’umanità che tra loro interagiscono e convivono, sistemi tra sistemi aggrovigliati, ma anche all’universo infinito di cui si sa poco, che sembra così lontano e invece è parte della vita stessa. È anche l’incontro tra arte e scienza con la consapevolezza della loro inscindibilità e che nel loro interagire determinano un’opera più strutturata e completa, persino più gradevole alla vista anche laddove l’approccio è solo visivo ed emotivo, privo di riflessioni culturali.

L’astrazione, dunque, è una realtà differente, la realtà della mente, dello spirito, impalpabile ma fortemente viva e tra i vuoti delle reti si esprime con la massima efficacia. Quindi, i vuoti contengono l’astrazione, i pieni la fisicità. E, come per l’installazione, ogni opera possiede quella caratteristica di mutabilità determinata dalla tridimensionalità, dagli spazi aperti tra i reticolati, dal punto di osservazione, dall’ambiente che le ospita; ogni opera è, quindi, mai uguale a se stessa.

La Casa editrice Verso l’Arte, pubblicherà un volume cm 17×24, di 96 pagine contenente, oltre al testo critico e alle presentazioni delle Autorità, le immagini delle opere esposte e dell’allestimento della mostra.

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