L’ossessione della ferita. Alberto Burri a Roma


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Il Museo Bilotti, diventato un punto di riferimento per le mostre d’arte contemporanea a Roma, offre una rilettura del percorso di Alberto Burri, a partire dall’opera di Land Art più grande al mondo, con una mostra allestita presso l’Aranceria di Villa Borghese, visitabile fino al 9 giugno prossimo.

Alberto Burri, Sacco e Oro, 1956, Fondazione Palazzo Albizzini, Collezione Burri, Città di Castello

La mostra è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con il patrocinio di Regione Lazio, Regione Sicilia, Comune di Gibellina, Fondazione Orestiadi, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, con il sostegno di Broker ufficiale PL Ferrari A Member of the Lockton Group of Companies ed è realizzata a cura di Massimo Recalcati, con il coordinamento scientifico di Alessandro Sarteanesi.

Alberto Burri, chiamato a realizzare un intervento per la ricostruzione del paese distrutto dal terremoto nella Valle del Belice del 1968, decide di intervenire sulle macerie della città di Gibellina: la ricopre di un sudario bianco, di un’enorme gettata di cemento che ingloba i resti e riveste, in parte ricalcandola, la planimetria della vecchia Gibellina. 
Partendo dal Grande Cretto di Gibellina, la mostra risale il percorso dell’artista con una selezione di lavori esemplari, letti in relazione alla poetica della ferita, tema che nell’interpretazione di Massimo Recalcati attraversa la sua intera opera, incidendo la materia, disegnando strappi, lacerazioni, crettature, bruciature, giungendo sino a declinazioni inedite che pensano ad una genesi e a un processo di carattere spirituale. 
Culmine del percorso interpretativo sono le fotografie in bianco e nero di Aurelio Amendola sul Grande Cretto. Fotografo che per eccellenza ha raccolto le immagini di Burri, dei suoi lavori e dei processi creativi, Amendola ha realizzato gli scatti in due riprese, nel 2011 e nel 2018, a completamento avvenuto dell’opera (2015). Nel percorso inoltre, il video di Petra Noordkamp – prodotto e presentato nel 2015 dal Guggenheim Museum di New York, in occasione della grande retrospettiva The Trauma of Painting – filma in un racconto poetico e di grande sapienza tecnica l’opera di Burri e il paesaggio circostante. 
Alcune opere uniche dell’artista, inoltre, estendono non solo ai Cretti ma anche ai Sacchi, ai Legni, ai Catrami, alle Plastiche e a una selezione di opere grafiche la lettura proposta dal celebre psicanalista. È una ferita che è dappertutto, che trema ovunque. Una scossa, un tormento, un precipitare di fessurazioni infinite e ingovernabili.
La mostra sarà riallestita da giugno a ottobre al MAG Museo Alto Garda a Riva del Garda in collaborazione con il MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto. 
In occasione della mostra è stato realizzato dalla casa editrice Magonza un grande volume stampato su carta di pregio con testimonianze e ricerche inedite su Alberto Burri, la sua opera e Il Grande Cretto di Gibellina. Un nuovo testo di Massimo Recalcati raccoglie gli sviluppi ulteriori della sua ricerca, insieme a interventi di storici dell’arte quali Gianfranco Maraniello e Aldo Iori.

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