Ottocento in collezione. Dai Macchiaioli a Segantini


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Giovanni Boldini, Berthe in giardino, olio su tavola, 41×26 cm, collezione privata

Provengono da collezioni private le ottanta opere che compongono la mostra “Ottocento in collezione. Dai Macchiaioli a Segantini”, allestita nelle sale del Castello di Novara fino al 24 febbraio 2019.

L’esposizione, curata da Sergio Rebora ed Elisabetta Staudacher, coadiuvati da un comitato scientifico composto da Luisa Martorelli, Fernando Mazzocca e Aurora Scotti Tosini, è organizzata da METS Percorsi d’arte in collaborazione con la Fondazione Castello di Novara, ATL della Provincia di Novara e Big Ciaccio Arte, col patrocinio della Comunità Europea, della Regione Piemonte, della Provincia di Novara e del Comune di Novara, con il contributo di Banco BPM (main sponsor), Esseco s.r.l., Fondazione CRT, Fondazione BPN per il territorio, Banca Aletti, Lebole Gioielli, Lottoitalia s.r.l., Comoli Ferrari & C. S.p.A., Igor s.r.l., Mirato S.p.A.

Sono presenti opere di artisti quali Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis, Giovanni Fattori, Carlo Fornara, Domenico e Gerolamo Induno, Silvestro Lega, Angelo Morbelli, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Giovanni Segantini, Federico Zandomeneghi, che testimonia l’importanza storica del fenomeno del collezionismo nello sviluppo delle arti in Italia, dall’Unità nazionale ai primi anni del Novecento.

La mostra è articolata in otto sezioni e si apre con un accenno all’affermazione delle poetiche del vero nel loro passaggio dai temi storico-risorgimentali alla vita quotidiana del nuovo stato sabaudo, con autori quali Gerolamo Induno, Giovanni Fattori, Luigi Nono. Negli anni sessanta si assiste anche a una messa a fuoco sul paesaggio nella sua accezione naturalista (Antonio Fontanesi, Guglielmo Ciardi, Filippo Carcano) e a un confronto tra studio di ritratto pittorico e scultoreo che si prolunga nel tempo (Tranquillo Cremona, Vincenzo Gemito, Medardo Rosso).

L’esposizione prende poi in esame l’assestarsi e il definirsi, nei due decenni successivi, di un gusto ufficiale che rispecchia quello della monarchia sabauda e che si confronta con i richiami da Oltralpe. È il trionfo della pittura e della scultura di genere declinate su temi ispirati alla vita pastorale e agreste (Francesco P. Michetti, Filippo Palizzi) e a quella borghese nei suoi risvolti intimisti (Silvestro Lega, Giacomo Favretto, Vittorio Corcos), anche con affondi decorativi o folcloristici attraverso la moda dell’orientalismo (Alberto Pasini, Domenico Morelli). Tra le eccellenze del genere si annoverano le esperienze degli artisti operanti a Parigi o in rapporto con la Galleria Goupil, tra cui Antonio Mancini, Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi.

Nell’ultimo decennio del secolo si assiste, da un lato, all’affermazione di istanze ideologicamente impegnate verso i temi del lavoro, dall’altro, verso i primi segni di sensibilità nei confronti del simbolismo internazionale. L’elaborazione di contenuti così differenti si accomuna spesso con la sperimentazione della pittura divisionista da parte dei maestri della cosiddetta prima generazione: Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Angelo Morbelli, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Plinio Nomellini, Emilio Longoni, Vittore Grubicy.

Accompagna la mostra un catalogo edizioni METS Percorsi d’arte con testi dei curatori e schede storico critiche redatte da specialisti del settore.

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