Ytalia: un dialogo tra l’arte di ieri e quella di oggi


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Giulio Paolini, Immacolata Concezione, 2007-2008

Forte di Belvedere, Palazzo Vecchio, Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi, Galleria Palatina, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Giardino di Boboli, Complesso monumentale di Santa Croce, Museo Marino Marini, Museo Novecento. Sono queste le sedi fiorentine che dal 2 giugno al 1 ottobre ospiteranno “Ytalia. Energia Pensiero Bellezza. Tutto è connesso”, mostra promossa dal Comune di Firenze, ideata e curata da Sergio Risaliti. In esposizione opere di Mario Merz, Giovanni Anselmo, Jannis Kounellis, Luciano Fabro, Alighiero Boetti, Giulio Paolini, Gino De Dominicis, Remo Salvadori, Mimmo Paladino, Marco Bagnoli, Nunzio, Domenico Bianchi.

Lo spunto nasce da una voluta provocazione che riscrive l’articolo uno della Costituzione, qui declinato in «L’Italia è una repubblica fondata sull’arte e la bellezza». Il titolo della mostra invece è preso a prestito da una scritta dipinta da Cimabue sulla volta raffigurante San Marco Evangelista nella Basilica Superiore di Assisi del 1280 circa. Si tratta di una delle più antiche vedute di Roma che ci siano mai pervenute. Sono infatti riconoscibili il Pantheon, Castel Sant’Angelo, Palazzo Senatorio sul Campidoglio, la Torre dei Conti e una chiesa che potrebbe essere San Pietro o San Giovanni in Laterano. Una delimitazione dei confini nazionali, artistica prima che politica. Non è un certo un caso se Giorgio Vasari nel XVI secolo farà partire la storia dell’arte italiana proprio da Cimabue. Da quel momento in avanti è tutto un susseguirsi di fenomeni, di maestri e di capolavori, specie per quel che riguarda il Rinascimento.

La linea temporale prosegue fino al Novecento (soprattutto la seconda parte), periodo al quale appartengono gli artisti protagonisti della mostra fiorentina. Nel “secolo breve” agiscono le generazioni che prendono le mosse dalle neoavanguardie e giungono sino al postmoderno. «L’idea di base è quella di dare vita a un vero e proprio museo del contemporaneo diffuso nel centro storico della città tra interno ed esterno, tra medioevo e rinascimento, tra musei e giardini, cappelle funerarie e spazi della vita politica, gallerie e studioli, chiostri e cripte, per dare continuità nella dialettica di forme e concetti alla comune koinè figurativa, quella che si è affermata entro i confini italiani nel corso di molti secoli», spiega il curatore.

Ecco allora la “Calamita Cosmica” di Gino De Dominicis al Forte di Belvedere, dove l’enorme scheletro sdraiato a terra erige un ponte metafisico tra terra e cielo, tra tradizione (è allineato con la cupola del Brunelleschi) e attualità. “Ytalia” si svolge esattamente lungo queste tensioni duali, tra cui la più evidente è forse quella di antico e moderno: Kounellis a Palazzo Vecchio dialoga con Giuditta e Oloferne di Donatello, “Elegia” di Giulio Paolini a Palazzo Pitti con la “Venere italica” di Canova, “Canto geometrico” di Mimmo Paladino con la Cappella Rucellai di Alberti, “Antimateria” di Domenico Bianchi in Galleria Palatina viene presentato all’interno della cornice lasciata vuota dalla “Madonna dell’Impannata” di Raffaello. Questi sono soltanto alcuni degli esempi.

“Ytalia” si pone quindi come una mostra “in progress”, anti-istituzionale e dinamica. Un chiaro invito ad approfondire le radici artistiche italiane – proprio nei giorni in cui a Venezia si celebra la Biennale –, attraverso un confronto serrato e carico di implicazioni storiche tra ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà o che potrebbe essere. Per osservare “l’arte alla maniera d’oggi”, seguendo il consiglio che Giorgio Vasari diede ai suoi lettori nel 1550.

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