Sono 14 gli artisti giapponesi che fino all’8 marzo espongono, all’Istituto giapponese di cultura di Roma, a cura di Takizawa Kyōji, un insieme di 50 stampe, che negli anni settanta hanno fotografato, inciso, fotoinciso, stampato esprimendo il sé o dando voce a materia e materiali.
Data la fama mondiale della stampa ukiyoe e l’interesse suscitato dalle stampe giapponesi contemporanee in diverse esposizioni internazionali, nel 1957 il governo nipponico lanciò la Biennale Internazionale dell’Incisione a Tokyo come elemento speciale della sua politica culturale del dopoguerra. La sesta edizione della Biennale, tenutasi nel 1968, esemplificò i grandi cambiamenti in atto nel settore, confermò l’esistenza di paralleli tra le tendenze di stampa e arte contemporanea e suggerì i futuri sviluppi dell’arte contemporanea. Assegnataria del Gran Premio Internazionale della Biennale, l’opera di Noda Tetsuya ad esempio incorporava fotografie composite della sua famiglia realizzate con una combinazione di serigrafia e xilografia. Un approccio particolarmente indicativo delle suddette tendenze e caratteristico delle espressioni artistiche dell’epoca. Più tardi, negli anni Settanta, si verificò un rapido aumento delle opere che adottavano il metodo di Noda di convertire le immagini fotografiche in stampe, dando vita a un’epoca d’oro del medium. In questo periodo compaiono lavori che guardano alla possibilità di dare voce a materia e materiali utilizzati nella stampa: blocchi, carta, inchiostro, e altro e che vengono accolti come una nuova tendenza. Altro fenomeno significativo fu la comparsa di stampe con una materialità potente, in cui l’immagine si trasforma in materiale. Gli anni Settanta hanno dunque rappresentato un’epoca in cui sono emersi nuovi trand nell’arte contemporanea giapponese, grazie all’attenzione per le immagini e la materia fotografica. Figlie del loro tempo, le stampe ne rappresentano a pieno l’essenza.
La Sezione1 presenta “L’epoca dell’Immagine fotografica”. Con la crescita dei settori di fotografia e stampa e la proliferazione del potente mezzo televisivo, che ha accompagnato l’espansione della produzione e dei consumi negli anni ‘60 e ‘70, la società giapponese è stata invasa da immagini di ogni tipo. In questo periodo si affermano rapidamente nuove tecniche come la serigrafia e la stampa offset, che consentono di lavorare con le fotografie, convertirle in stampe attraverso l’uso della fotoincisione, dando vita a un nuovo mainstream artistico. In molte di queste opere, ogni traccia di manipolazione è assente o eliminata per sopprimere il contenuto emotivo e codificare l’immagine.
In mostra: Noda Tetsuya, Kimura Kōsuke, Matsumoto Akira, Saitō Satoshi, Kimura Hideki, Hagiwara Sakumi. La Sezione 2 è dedicata alle “Espressioni autonome di Materia”. Tra il 1968 e i primi anni Settanta si manifesta una nuova tendenza nell’arte in cui sostanze semplici come pietra, legno, carta, cotone e lamiere d’acciaio vengono presentate come opere, a volte da sole e a volte in combinazione tra loro. Come estensione di questo movimento, le stampe, che limitano al minimo il coinvolgimento umano e la manipolazione dell’immagine e si prefiggono di lasciare che materia e materiali come i blocchi di stampa, la carta e l’inchiostro parlino da soli, sono state oggetto di attenzione per aver ampliato i confini e aver dato vita a una nuova tendenza del mezzo. Nello stesso periodo si assiste anche alla materializzazione delle immagini, un movimento consapevole iniziato negli anni Cinquanta, e a un approccio alla produzione incentrato sull’espressione di elementi spirituali attraverso la materia, prepotentemente presente.
In mostra: Takamatsu Jirō, Yoshida Katsurō, Enokura Kōji, Ida Shōichi, Kawaguchi Tatsuo, Lee Ufan, Kanō Mitsuo, Ichihara Arinori.