A Vercelli, negli spazi espositivi dell’Arca e della ex Chiesa di San Vittore, fino al 21 maggio è ospitata la mostra “Giacomo Manzù. La scultura è un raggio di luna”, a cura di Marta Concina, Daniele De Luca, Alberto Fiz.
Si tratta di una grande retrospettiva promossa e realizzata dalla Città di Vercelli, Arcidiocesi di Vercelli, Studio Copernico in collaborazione con la Fondazione Manzù.
La mostra riunisce oltre trenta sculture, alcune monumentali, messe a disposizione dalla Fondazione Manzù, dallo Studio Copernico e da importanti collezionisti privati.
Il percorso spazia dagli anni Quaranta sino al 1990, un anno prima della sua scomparsa dove compare una testimonianza emblematica come la grande scultura di Ulisse, l’eterno simbolo della conoscenza.
La rassegna, allestita nelle due sedi, evidenzia l’attualità di un grande Maestro dell’arte plastica seguendo le differenti tematiche che ne caratterizzano la poetica. Così, la scelta delle opere consente di apprezzare i ritratti femminili, le nature morte (basti pensare a Sedia con aragosta del 1966) oltre ai celebri Cardinali, la sua serie più famosa iniziata negli anni Trenta.
In mostra, accanto ad alcuni storici Cardinali in bronzo degli anni Quaranta, compare Grande Cardinale seduto, un’opera monumentale alta oltre due metri modellata nel 1983 da cui emerge la componente ieratica della figura all’interno di forme rigide e sintetiche assimilabili a piramidi.
La moglie Inge, conosciuta nel 1954 quando Manzù insegnava all’Accademia di Salisburgo e da allora sua musa, rappresenta una costante della sua ritrattistica e a Vercelli è esposto Busto di Inge, rara opera in marmo realizzata nel 1979 da cui emerge uno straordinario vitalismo rispetto a una composizione che assume una forma circolare dove le braccia si dispongono intorno al volto della donna. Anche i due figli, Giulia e Mileto, sono l’occasione per realizzare una serie di sculture sul tema del gioco e in mostra compare Giulia e Mileto in carrozza con il bozzetto in bronzo del 1967. Sono lavori che rientrano nel ciclo Spielerei dove Manzù propone liberamente una serie d’invenzioni plastiche che in questo caso gli danno modo di realizzare una carrozza arcaica dominata da una grande ruota.
La sperimentazione passa anche attraverso Donna che guarda, un’altra opera monumentale datata 1983 di 252 centimetri d’altezza scolpita in ebano e presente in ARCA. In un viaggio così sfaccettato vanno citati anche Fauno modellato nel 1968 dove l’atteggiamento dell’uomo con le membra ripiegate esprime la potenza e l’energia del corpo, così come Il miracolo di San Biagio, un altorilievo fortemente intimista in cui fa la sua comparsa un Cardinale compassionevole.