Another Place. Photography, painting, music – landscape


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Ad Arezzo, fino al 10 marzo, “Another Place. Photography, painting, music – landscape”, è la collettiva organizzata da Magonza, in collaborazione con l’associazione culturale Le Nuove Stanze, volta ad indagare diverse modalità stilistiche ed espressive di interpretazione del paesaggio.

Operando una cesura rispetto alla lettura romantica, gli artisti colgono, attraverso la fotografia, la pittura e la musica, aspetti del reale, dell’uomo e insieme della natura, che si manifestano in analogie, discordanze, distopie.

Photography: Aurelio Amendola, Olivo Barbieri, Giuliana Cunéaz, Mario Giacomelli, Michele Alberto Sereni; painting: Alberto Burri, Flavio Favelli, Abel Herrero, Nevio Mengacci, Renato Ranaldi, Nemo Sarteanesi, Giuseppe Uncini; music: Brian Eno 

La scrittura musicale di Discreet Music, rappresentata dal diagramma di flusso autogenerativo sperimentato da Eno, è esposta qui come traccia visiva, esemplare di un nuovo approccio compositivo, che ha permesso di superare la “forma canzone” (Another Green World) e indirizzarsi verso la creazione di un paesaggio sonoro in cui stare, aleatorio, da ascoltare in silenzio o non ascoltare affatto.

Abel Herrero, Black Motion, 2020, olio su tela, 100×150 cm.

È  inoltre esposta una selezione di opere multiple, bozzetti, libri d’artista di: Nicola Carrino, Marco Gastini, Franco Giuli, Paolo Icaro, Jannis Kounellis, Sergio Lombardo, Francine Mury, Klaus Münch, Claudio Parmiggiani, Jano Sicura.

Il tema del paesaggio e alcune specifiche serie di Mario Giacomelli ritrovano sintonie formali in alcuni Sacchi, Combustioni, Cellotex, nel Cretto qui esposto, e anche nell’opera di Land Art del Grande Cretto di Gibellina di Alberto Burri (in mostra con gli scatti di Aurelio Amendola), in una rielaborazione del reale che appare convenzionalmente astratta ma non per questo meno afferente all’uomo e alla sua condizione. A questo dialogo, a cui Magonza aveva dato luce nella mostra organizzata al MAXXI di Roma (2021-22) si aggiunge il confronto con Olivo Barbieri che, con Giacomelli, condivide una lettura del paesaggio sperimentale, tra i primi anch’egli a lavorare con la fotografia aerea. Le opere di Barbieri, dalla serie site specific, si distinguono per la convivenza inedita di soggetti/oggetti percepiti come fossero proposte progettuali.

La prassi pittorica per sottrazione di Abel Herrero, espressione di un’estetica misurata e mai virtuosistica, indaga l’elemento della natura in rapporto con l’uomo, in particolar modo il mare, che diventa il soggetto di un paesaggio saturo di senso e insaturo di non senso. Dall’altra parte Nevio Mengacci si confronta con una pittura materica dalle tonalità diverse di blu e bianco, da cui emergono cosmologie lontane, ma allo stesso modo cieli vicini e conosciuti.

Paesaggi visionari, memorie ancestrali, riferimenti magici, storici e mitologici sono quelli che appaiono nei lavori di Giuliana Cunéaz. Una possibilità differente di mondo, il quale resta ancora una volta lo scenario improvviso e inaspettato dell’evento traumatico, come evidenzia nuvola.

Il paesaggio diviene pure, nella sua accezione più vicina all’uomo, la rielaborazione visiva di un vissuto (accade nell’opera di Renato Ranaldi) e mai come oggi, forse, l’immagine-paesaggio, tramite foto e occasioni pubblicitarie, è così diffusa. Flavio Favelli utilizza delle cartoline originali creando dei collage che invitano l’osservatore a ragionare su simboli e narrazioni iconiche appartenenti al nostro passato.

La mostra è il risultato di una selezione di nuclei di ricerca sul paesaggio che nel corso degli anni sono stati affrontati e approfonditi dalla casa editrice Magonza.

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