Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla Guerra


Stampa

Anche l’Arte è stata vittima della Guerra, e tutt’oggi è vittima di violenze a vario titolo, e molte opere sono andate distrutte o perdute, tant’è che la mostra allestita alle Scuderie del Quirinale, a Roma, fino al 10 aprile 2023, espone i più grandi capolavori italiani scampati alla distruzione.

La mostra è realizzata a cura di Raffaella Morselli e Luigi Gallo e l’obiettivo principale è quello di permettere di comprendere, attraverso questa visita, la complessità di esperienze e avvenimenti di quel periodo storico.

Il filo conduttore del percorso parte infatti dal concetto che, nonostante le distruzioni e le razzie siano sempre state dei tristi corollari durante gli eventi bellici, la Seconda Guerra Mondiale, area temporale di riferimento di questa mostra, va considerata come un momento unico nel suo genere dove ci si è dedicati alla moderna  riflessione sulla tutela dei beni culturali.

I capolavori qui esposti, sono relativi proprio agli anni in cui l’Italia è stata al centro dei combattimenti, quando si è dovuto fare i conti con la necessità di proteggere dalla distruzione bellica il suo infinito ed inestimabile patrimonio artistico.

Proprio grazie alla decisione dell’allora Ministro Giuseppe Bottai, nel 1939, a livello nazionale, in Italia monumenti e chiese vennero protetti e puntellati, imbottiti con sacchi di sabbia, le statue, gli affreschi e le fontane sono state rivestite con armature ignifughe, mentre sculture e dipinti di valore inestimabile sono stati nascosti in luoghi sicuri.

Dal 1943 avanzando il fronte alleato, al rischio dei bombardamenti si è aggiunta la necessità di nuove precauzione per impedire le razzie dei beni restituiti alla fine del Conflitto, in una grande operazione di salvaguardia artistica.

Il Discobolo è senza dubbio una delle opere più attese nella mostra di arte liberata, che arriva da Palazzo Massimo in Roma. Il Discobolo ha una storia prestigiosissima: è una scultura realizzata intorno al 455 a.C. (periodo di congiunzione tra preclassico e classico) da Mirone. La statua originale era in bronzo, oggi è formata solo da copie marmoree dell’epoca romana, tra cui la migliore è probabilmente la versione Lancellotti, la cui bellezza colpì Adolf Hitler che, durante il suo viaggio in Italia nel maggio 1938, si fece “gentilmente concedere” dal governo italiano l’opera.

Sebbene il Consiglio superiore delle Scienze e delle Arti si fosse opposto, Hitler compra l’opera tramite compravendita privata tra Goering e il principe Lancellotti per 5 milioni di lire. Essendo un’opera notificata alle Belle Arti, la sua esportazione era tuttavia vietata, ma grazie alle pressioni del ministro degli esteri Galeazzo Ciano, la statua riuscì ad arrivare in Germania nel giugno 1938.

Il Discobolo restò così nella Gliptoteca di Monaco di Baviera, fino alla fine della guerra, quando lo storico dell’arte Rodolfo Siviero riuscì a convincere il Governo Militare Alleato che l’opera, insieme a tanti altri capolavori, era stata acquisita illegalmente dai nazisti grazie all’alleanza tra due regimi tirannici. Così, nonostante molte opposizioni, ricorsi giuridici e ritardi da parte della Repubblica Federale Tedesca, il 16 novembre 1948 il Discobolo tornò in Italia, insieme ad altri 38 capolavori che erano stati esportati illegalmente tra il 1937 e il 1943.

Tra altre opere importanti esposte alle Scuderie, ci sono quelle dell’arte pesarese salvati dallo storico dell’arte e funzionario italiano Pasquale Rotondi.

Impossibile non citare, tra le opere più importanti tra quelle presenti, la “Testa del Battista”, il noto tondo attribuito a Giovanni Bellini, “il Cristo deposto sorretto da due angeli” di Marco Zoppo, le “Storie della vita della Vergine” di Paolo Veneziano, quest’ultimo è un insieme di piccole tavole superstiti di un antico polittico.

A tutto questo va aggiunta la presenza di preziosi piatti e coppe in ceramica della collezione di Domenico Mazza, nobiluomo pesarese dell’800.

Proseguendo con la carrellata di capolavori è d’obbligo citare “Il Trittico dell’Annunciazione”, del pittore veronese Cristoforo Scacco, realizzata su incarico della nobile famiglia dei Caetani di Fondi.

Share Button