Genesi. Spirito e Materia


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L’Ambasciata del Brasile a Roma, nello Spazio Veredas all’interno dell’Istituto Guimarães Rosa, promuove e ospita, fino al 18 novembre, il progetto “Genesi. Spirito e Materia” di Ana Biolchini, Flaminia Mantegazza, Luciana Pretta Fiore, realizzato a cura di Mariangela Coscione e Damiana Enea, mostra collettiva che propone la realizzazione di un domani, uno spazio siderale in grado di contenere la passionalità e la potenza di un’emotività illibata, incorrotta: i materiali utilizzati, terracotta, carta e tela, trascendono dalla loro essenzialità per divenire elementi demiurghi in un rapporto dualistico natura/terra, inizio/fine. Damiana Enea, una delle due curatrici, così presenta la mostra: “…Ana Biolchini ci invita a partecipare a questa rinascita attraverso un atto intellettuale consapevole, riflettendo la propria individualità nello specchio che come un richiamo viscerale attende il vergine seme sospeso: duplicazione di una pluralità di anime che si restituiscono nello sguardo di un nuovo cosmo. Acqua e terra, le protagoniste nel rispetto della visione demiurga del Creato. Una natura in grado di fondersi in un nuovo ordine: la Terracotta diviene per Ana spirito e materia. Alla formazione di questa giovane umanità l’artista affida delle tavole di carta, in cui torna sovrano il richiamo al numero 6 – espresso nella linearità delle spirali – in un inizio e una fine in continuo divenire, come offerta di bellezza, compassione e gloria.


Proprio all’alba di questa nuova Era si ergono possenti le colonne di Flaminia Mantegazza, cardini tra i due mondi che ci ricordano la non contemporaneità del presente. Edificate dalla memoria e dai vissuti dell’artista che ci ammonisce ed esorta a ridefinire la nostra visione di superfluo: pagine di vecchi libri, fogli di giornale, scontrini riacquistano autorità in una trascendenza corporea. Divengono fondamenta e sommità, in un colloquiare dove le parole si modellano fino a farsi concretezza – mattoni invalicabili – infinite nel tempo e nello spazio: abbandonano i confini conosciuti e cartografici, abbattendo le barriere della globalità, per divenire sinonimo di universalità. Così, la duttilità della carta si fa eterea e marmorea, un’archeologia dello gnomon nella sua accezione astronomica con il compito di indicare l’origine di un susseguirsi di stagioni rinnovate in un’ottica del tempo che si fa altro: evoluzione e rinascita, un riverbero che si ricostituisce nella singolarità di questa generazione agli esordi, circoscritta nell’iconografia del Quadrato, inteso come Creato in un rapporto dualistico cielo/terra, spirito/materia. Divenendo così, uno spazio siderale – ripristinato fin dai suo esordi – in grado di contenere la passionalità e la potenza di un’emotività illibata, incorrotta. Luciana Pretta Fiore si inserisce in tale necessità custodendo il dovere di educare questa umanità: rompe il silenzio sulle angosce finora celate, squarcia i terrori dell’infanzia, lacera la banalità dell’odio tutelandone la misericordia e la compassione soppresse che, ricompone tessendone i fili, in un climax discendente che ci riporta alla terra. Una tela intrecciata che scardina i preconcetti, invitandoci a non delimitare il nostro spirito indicandoci un orizzonte ancora ignoto. Colori tenui, in un susseguirsi di linee che si inseguono e si sovrappongono, in un gioco di ambivalenze che si risolvono in un equilibrio emotivo: una memoria primordiale che con grande forza di volontà si ricompone in un atteggiamento di esuberante quiete. Tre doni, tre donne, tre materiali: una triade genitrice che ci persuade a partecipare a questo nuovo domani, che troppo a lungo abbiamo solo osservato, come creature alla soglia.”

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