Candice Breitz: Never Ending Stories


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Nella Palazzina dei Giardini della FMAV, Fondazione Modena Arti Visive, di Modena, fino al 18 settembre è allestita la mostra “Never Ending Stories” dell’artista Candice Breitz (Johannesburg, 1972), realizzata a cura di Daniele De Luigi. 

Questa esposizione presenta tre importanti installazioni di grandi dimensioni di Breitz, Love Story (2016), Digest (2020) e Labour (2017), riflettendo sul ruolo cruciale che lo storytelling gioca nella costruzione della realtà vissuta e offrendo la possibilità di realtà future alternative. La mostra offre ai visitatori una momentanea via di fuga dall’accelerazione temporale che viviamo quotidianamente, tipica dell’economia dell’attenzione, allungando e deformando il nostro rapporto con il tempo, e offrendo rifugio dal vortice di notizie che ci avvolge e dai continui scroll nei social media, divenuti il nostro strumento di comprensione e misura del mondo.  
Love Story si compone di una proiezione cinematografica e più di venti ore di interviste molto intime. Strutturato in una video installazione a sette canali esplora, articolandosi in un duplice spazio, le condizioni attraverso le quali si produce il sentimento di empatia. Evocando il tema della crisi globale dei rifugiati, l’opera si sviluppa grazie ai colloqui con sei persone che hanno lasciato, per differenti motivazioni, la propria terra di origine. Sarah Mardini, sfuggita dalla guerra in Siria, José Maria João, un ex soldato bambino angolano, Mamy Maloba Langa, sopravvissuta a uno stupro nella Repubblica Democratica del Congo, Shabeena Saveri, attivista transgender indiana, Luis Nava Molero, dissidente politico del Venezuela e Farah Abdi Mohamed, giovane ateo somalo. 

Digest è una installazione composta da 1001 videocassette dipinte, le cui cover si presentano adornate da un singolo verbo estratto dal titolo di un film in circolazione durante l’era dell’home video. Il verbo dipinto è mantenuto nel font originario della copertina del VHS, mentre il resto della custodia è stato ricoperto da un motivo astratto in acrilico nero. Anche l’esposizione dei nastri rievoca quella dei negozi di video-noleggio, mentre il vero contenuto delle cassette resterà per sempre nascosto, lasciando i visitatori ad immaginare quale film racchiudano. 

Labour propone un completo capovolgimento del nostro rapporto con il tempo, fondendo i temi di nascita e morte per sfidare duramente il prevalere della mascolinità violenta a livello di leadership politica. Allestito nella sala centrale della Palazzina dei Giardini, Labour è una installazione a sei singoli canali video, tratti da un’opera ancora in progress. L’artista ha ripreso in video una serie di nascite, con un crudo stile documentaristico e accennando all’estetica da peep show di opere come L’Origine du monde, di Gustave Courbet (1866) e Étantdonnés (1966) di Marcel Duchamp. Delineando un’utopica agenda femminista enunciata da un fittizio “Decreto matriarcale”, Breitz immagina il potere incarnato che scorre attraverso le madri nel momento del parto come una risorsa. L’artista ci invita perciò a rivivere le nascite al contrario, osservando il neonato che dalle braccia della madre viene lentamente risucchiato nel grembo materno. 

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