Fino al 15 maggio prossimo è aperta al pubblico, nella Serra Espositiva dell’Orto Botanico di Roma, la mostra personale “Maurizio Pierfranceschi. Per l’orto”.
L’esposizione segna l’ultimo capitolo di lungo viaggio, iniziato quasi quarant’anni fa con “L’uomo e l’albero”, il suo primo dipinto, quasi una precocissima dichiarazione di poetica, che Pierfranceschi non ha mai disatteso e che ha percorso tutto il suo lavoro con tre cardini: natura, cultura e architettura.
L’Orto Botanico, che per l’artista incarna meglio d’ogni altro luogo “l’armonia tra natura, essere umano e architettura”, è la cornice perfetta per questo ciclo di dipinti che evocano i temi classici della sua poetica: il rapporto tra l’uomo e la natura, la ciclicità della vita, il sistema che regola le fasi della terra e della vita di donne e uomini.
Sono esposti 22 dipinti, tutti realizzati a cavallo tra il 2018 e il 2022, ideati appositamente per questo luogo, con un filo rosso che li accomuna, come sottolinea la botanica e docente universitaria Giulia Caneva nel catalogo, “natura, inquietudine umana e sua essenza spirituale”.
Protagonisti nelle opere in mostra sono gli elementi vegetali, come le “grandi erbe”, che diventano architettura di paesaggi evocativi illuminati da una luce livida e irreale, in cui le figure umane perdono di centralità, ridimensionate in favore delle gigantesche strutture arboree: spariscono i volti, i generi, i tratti fisiognomici mentre a trasparire sono le introspezioni psicologiche degli individui, la loro dimensione intellettiva e la loro essenza spirituale. Qui e là compaiono anche angeli, entità sovrumane portatrici del messaggio divino che condividono con l’uomo fattezze e limitatezza del corpo, ma anche animali, scimmie antropomorfe.
Tra le opere più rappresentative, scrive Carlo Alberto Bucci, autore di un testo in catalogo: “Sogni in corso (Diramarsi) e Vita sul fiume, sono stati realizzati secondo la tecnica della tempera all’uovo, ricordata da Cennino Cennini nel suo trattato. Nel primo, del 2021, c’è una vegetazione rigogliosa incorniciata da un arco di volta dalla chiave mancante; un groviglio di fusti, rami e ricordi d’infanzia, che cela presenze umane e animali nascoste, forse le personificazioni dei sogni dei due diafani dormienti disposti ai lati della scena, come figure-quinta. L’altro, Vita sul fiume, è un trittico del 2019 in cui gli elementi di ogni scomparto tracimano in quello accanto. E dove, anzi, ogni figura o architettura – come la citazione dal Battesimo di Piero al centro, l’albero sormontato da un uccello a sinistra o la colonna bianca sul lato opposto – delimita campi oltre i quali si aprono spazi, recinti, ambienti tutti diversi e a sé stanti: altri quadri e differenti mondi nello stesso dipinto”.
In occasione della mostra è stato pubblicato un catalogo, con testi di Carlo Alberto Bucci, giornalista, curatore e critico d’arte e Giulia Caneva, botanica e professore ordinario dell’Università Roma Tre.