Si tratta di un altro omaggio a Raffaello nel cinquecentenario della sua morte, la mostra incentrata sull’opera “Il Trionfo di Galatea”, il grande affresco che spicca tra le meraviglie di Villa Farnesina a Roma, oggi Accademia dei Lincei, dove è allestita la mostra fino al 6 gennaio 2021.
In particolare, si pone l’attenzione sul blu egizio, pigmento artificiale nato ad Alessandria d’Egitto tremila anni prima di Cristo, utilizzato in Italia in una bottega di Pozzuoli e poi diffusosi nell’Impero Romano prima di finire nell’oblio e, grazie alla ricetta indicata da Vitruvio nel trattato De Architectura, Raffaello riuscì a riportarlo in vita.
È il colore ceruleo, così lo chiamavano i latini, che fa del Trionfo di Galatea del 1512 un unicum, in cui la tonalità del cielo, del mare e degli stessi occhi della Ninfa si contrappongono al più deciso lapislazzulo impiegato da Sebastiano dal Piombo per il grande affresco Polifemo che gli è accanto. A questo intreccio di temi è dedicata questa mostra, curata da Antonio Sgamellotti e da Virginia Lapenta, che racconta il lavoro di ricerca non invasiva sul capolavoro dell’urbinate e sugli altri affreschi della residenza nobiliare.
Sgamellotti, accademico dei Lincei e professore emerito di chimica inorganica all’Università di Perugia, spiega che: “Il blu egizio è un pigmento artificiale a base di rame. Ne esistono tanti ma ha la caratteristica di dare luogo a luminescenza quando è illuminata da una luce particolare”. Fu abbandonato perché c’erano pigmenti magari più costosi ma naturali, invece il blu egizio bisognava prepararselo con una procedura complicata, mescolando sabbia a temperature alte con microfondenti. Il blu egizio nel Trionfo di Galatea è stata una sorpresa per i ricercatori, che avevano avviato la ricerca non invasiva poco prima del lockdown e hanno ottenuto la conferma nel luglio scorso. Non è stata questa l’unica scoperta dell’ispezione, condotta con Enea, Iret-Cnr, Laboratorio di diagnostica per i Beni Culturali di Spoleto, XgLab-Brucker. Dietro i pannelli sottostanti il Trionfo di Galatea sono stati esaminati intonaci con disegni che erano stati scoperti nel 1972 durante un intervento di restauro e poi ricoperti. Inizialmente si era pensato che alcuni fossero di Sebastiano del Piombo, la critica però non è concorde. “Noi ci siamo concentrati soltanto uno di questi, un disegno a sanguigna, arrivando a una conclusione interessante, chiarisce il coordinatore.
È un palinsesto, l’immagine di una testa che guarda verso l’alto sotto la quale c’è un’altra immagine, di materiale diverso, in questo caso cinabro, di un ragazzo dalla folta chioma che guarda frontalmente verso destra. Occorreranno studi accurati perché le attribuzioni non sono semplici”.
Nella Loggia di Amore e Psiche, un tripudio travolgente di affreschi che rivestono le pareti e la volta della grande sala poco distante, c’è un’altra novità emersa in occasione di una mostra precedente: Raffaello usò gialli sintetici, a base di piombo, stagno e antimonio, con tonalità diverse perché molti dei frutti hanno gradi diversi di maturazione. “Anche questi pigmenti artificiali erano conosciuti nel Rinascimento, dice Sgamellotti, ma erano utilizzati per la ceramica e il vetro. Soltanto un secolo dopo furono impiegati in pittura per gli affreschi. Giocando d’anticipo, Raffaello e soprattutto Giovanni da Udine, l’esperto botanico e di animali che ha lavorato a gran parte della Loggia , li utilizzarono per le loro necessità espressive”.
Al primo piano di Villa Farnesina sono esposti i disegni, le fotografie e le matrici dedicati alla Loggia di Amore e Psiche, selezionati dall’Istituto centrale per la Grafica.