Al Museo comunale d’Arte moderna di Ascona (Svizzera) è allestita fino al 12 luglio la mostra “Maestri del silenzio. Hans Arp, Julius Bissier, Ben Nicholson, Hans Richter, Italo Valenti”.
Negli anni Cinquanta del Novecento tra Ascona e Locarno vive la straordinaria presenza di una comunità intellettuale di artisti formata da Hans Arp, Julius Bissier, Ben Nicholson, Hans Richter e Italo Valenti. Una fertile stagione, che continuerà per circa 15 anni, in nome di un’arte sempre più lirica, sintetica e astratta, cifra comune di tutte queste personalità qui riunite in mostra. Hans Arp e Hans Richter, che avevano già stretto rapporti con la zona fin dagli anni del movimento Dada, nel confrontarsi con la proposta controculturale, libertaria e di “sintesi di tutte le arti” della comunità di Monte Verità di Ascona, quando giungono ad Ascona nel 1958 rinnovano e radicalizzano quanto avevano già precedentemente formalizzato in nome di un’arte sempre più sintetica, concreta e dinamica.
Ad esempio Hans Arp (1887-1966) approfondisce la sua proposta di “arte concreta”, di un linguaggio autonomo elementare, fatto di forme astratte e organiche, non imitative ma intrinsecamente inerenti al processo stesso della natura, perché per lui l’artista non deve riprodurre ma “produrre come la natura”.
Hans Richter (1888-1976), per il quale l’arte non può che essere dinamica, multimediale, comunicativa e incisiva, dopo l’esperienza a New York a capo dell’Institute of Film Techniques del City College, ritorna significativamente alla pittura, all’essenza e origine di tutto il suo percorso artistico, creando assemblaggi dinamici in cui convive la tecnica a olio tradizionale, insieme ai papiers déchirés e al collage, in un tutto all’insegna di una spazialità dinamica, tesa o rarefatta.
Julius Bissier (1893- 1965), dapprima tra le fila della Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività), dal 1930 abbandona il passato, ossia la pittura da cavalletto, per dedicarsi da autodidatta al piccolo formato, grazie a cui dare libero corso alle sue intime emozioni, creando segni neri di china libera sulla carta bianca, fino ad arrivare alla formulazione di un suo proprio linguaggio personale, fatto di simboli, archetipi dal valore universale, un’arte dell’essenziale.
Nelle sue opere, Ben Nicholson (1894-1982) suscita l’illusione ottica della quarta dimensione di oggetti e spazi che perdurano e si trasformano nel tempo. Con il suo linguaggio elementare di forme astratte sempre più concrete e assolute, egli si mantiene nel campo dell’intuizione, dell’esperienza emotiva esistenziale. Italo Valenti (1912- 1995), quando si trasferisce ad Ascona e si inserisce nell’orbita degli atelier di Remo Rossi, abbandona definitivamente il figurativo per l’astratto. Così, forme e colori essenziali e non più referenziali, sono liberi di esprimere in sé il pensiero sotteso dell’emozione, che nasce dalla pura contemplazione: un passaggio all’astrazione che in Valenti avviene per gradi, fino all’uso del collage che, nel 1982, rimpiazza la pittura in nome dell’astrattismo lirico.