A Santo Stefano Quisquina, Agrigento, Giovanni Piazza (S. Stefano Quisquina, 1968) presenta alcuni delle opere più significative della sua produzione artistica all’ex Circolo Verga fino al 9 febbraio in una mostra realizzata a cura di Alfonso Leto e Roberta Randisi.
È a Münster in Germania che si forma, studia, lavora per una fabbrica di materie prime e successivamente in una falegnameria
Successivamente verrà assunto come aiuto
scenografo da una rinomata compagnia teatrale itinerante (la Konzertdirektion
Bingel di Damstadt e Francoforte); il lavoro da scenotecnico e pittore di
teatro sarà fondamentale per apprendere la tecnica pittorica per lo sviluppo
del suo futuro operato artistico.
Nel 2003 tona in Sicilia, dove inizialmente svolge piccoli lavori occasionali e
dedica gran parte del tempo a una pittura tutta votata alla minuziosa
inseminazione di un habitat proliferante di figure e “esserini”. La pittura
diviene per Giovanni, un rifugio, un’arca salvifica, comincia così a dare vita
ad una serie ininterrotta di quadri e sculture che hanno finito con il
diventare il diario figurato del suo personale e segreto dialogo con il mondo
abitato: dagli uomini e dagli animali, dalla flora e dagli oggetti, sovrascritto
talvolta da frasi ed epigrafi.
Sebbene il suo dipingere non sia monotono e attraversi cicli e
mutamenti, il suo lavoro è pervaso da una figura costante: una piccola sagoma
umana dagli occhi sgranati di nome TOM, acronimo di The Other Man; TOM è
riconducibile a qualsiasi essere umano, raffigura allo stesso tempo tutti e
nessuno, personificazione dell’altro al di fuori di sé.
Scorrendo tra le diverse centinaia di opere, l’immaginario di Giovanni Piazza
ci offre un insieme multiforme di temi e figure, in cui ricorre spesso il tema
etico del pacifismo, in un modo talvolta selvatico e scanzonato, talvolta
portavoce dei sentimenti più docili dell’animo umano come si vede nella
scenetta campestre del piccolo dipinto intitolato “Il mio caro amico vecchio
cane”, in cui il pittore ritrae il delicatissimo sentimento di fedeltà e amore
tra l’essere umano e l’animale che lo accompagna nel cammino.
La mostra testimonia la volontà di una comunità civica, da sempre attenta ai
suoi figli artisti, ad assegnare anche gradita accoglienza al suo percorso
espressivo, come viatico per una vita futura sempre governata dall’arte e
nutrita del dialogo con il mondo dell’arte.