Nelle Scuderie di Palazzo
Moroni a Padova, fino al 25 agosto è allestita “Body Out”, la personale di Marco
Vecchiato promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova e
curata da Barbara Codogno, composta da una trentina di lavori del pittore
padovano che spaziano dalle carte, ai disegni, dalle piccole alle grandi tele,
organizzate anche in dittici e trittici.
La mostra evidenzia una continuità di ricerca febbrile attorno all’idea di
“uomo”.
Imponenti sfondi bianchi che mutano negli altrettanti assoluti rossi e neri. E
se dalla luce bianca si intuisce un’origine che nel rosso prova a farsi carne,
è invece nel nero definitivo e categorico che il corpo trapassa e diventa pura
idea di se stesso.
Di Vecchiato la critica parla unanimemente, mettendo in
campo una commistione di linguaggi (artistici, letterari, filosofici) e che
vedono implicati i filosofi del ’900, Herbert Marcuse in primis.
L’autore ha infatti intitolato a Marcuse una delle sue ultime mostre modenesi:
“L’uomo a una dimensione”. Dichiarazione che traccia il senso stilistico della
sua ricerca pittorica.
Vecchiato si presenta come un autore complesso: la sponda letteraria e
filosofica aumenta l’impatto con la pittura. L’immagine che ne deriva è sempre
piuttosto violenta, sia nell’espressione gestuale che in quella concettuale, a
cui la pittura è indissolubilmente legata.
La creatività per Vecchiato è un conflitto che avviene in una dimensione “intellettuale”, dialettica, per questo egli ha sempre cercato il corpo a corpo con le discipline umanistiche. Dalla poesia (Vacuum – antologia poetica, 2010; Unter den Linden& Wayne, 2014) alla storia dell’arte.
La laurea in lettere risulta essere solo il pretesto per svolgere per quasi un decennio attività di libero ricercatore in storia dell’arte. Nel 2012 la pittura trova definitivamente la sua centralità sostituendo la scrittura anche se, come afferma l’artista: “la scelta di fare pittura è una faccenda metafisica, più rischiosa della poesia stessa”.
Accompagna la mostra un catalogo edito da Pixart con testo critico di Barbara Codogno.