Al Piano Nobile del Palazzo Falconieri, sede dell’Accademia d’Ungheria in Roma, è allestita fino al 30 maggio la mostra “21 grammi” di Katalin Rényi, grafica/pittrice ungherese premio Munkácsy Mihány.
Sembra che 21 grammi sia il peso dell’anima, peso che il corpo perde al momento della morte, ossia quando l’anima si distacca dal corpo, e che Alejandro González Iñárritu, regista del film omonimo del 2003, ha affrontato con molto patos.
Questa è anche la concezione cristiana, dopo la morte, l’anima si separa dal corpo: lo lascia e vola via, come un uccello che abbandona la sua gabbia.
All’alba del XX secolo, una delle premesse della visione del mondo pre-einsteiniana era che tutte le cose esistenti possedevano necessariamente determinati parametri fisici misurabili. Questo fu probabilmente ciò che spinse il medico americano Duncan MacDougall a tentare di misurare il peso dell’anima, mentre lascia il corpo. Mise i suoi pazienti terminali su una bilancia speciale, che, immediatamente dopo il momento della morte, mostrò una differenza di peso. Nel suo studio, pubblicato nel 1907, specificò questo cambiamento di peso come una perdita di 21 grammi, che, nella sua interpretazione, equivaleva al peso dell’anima, quando lascia il corpo.
Tale risultato venne poi riproposto nell’arte.
L’esposizione di Katalin Rényi, realizzata a cura di Barbara si inserisce bene in questa prospettiva. Il soggetto delle sue opere è sempre l’anima o un’esperienza trascendente, a volte un mistero, ad essa collegato. In ogni caso, il lavoro di Rényi mira oltre il mondo materiale. Si tratta di una questione di fede e di scelta artistica.
La mostra dopo Roma prosegue a Parigi, Mosca, Vienna, Berlino e Bruxelles.