Allestito a Palazzo delle Esposizioni di Roma, uno spazio istituzionale della Capitale, fino al 31 marzo prossimo, il percorso della mostra suggerisce il “passaggio di memoria” dai testimoni che hanno vissuto la deportazione alle generazioni future.
La mostra è promossa da Roma Capitale Assessorato alla Crescita culturale Assessorato alla Persona, Scuola e Comunità Solidale Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con la Comunità Ebraica di Roma Assessorato alla Cultura e Archivio Storico, Assessorato alle Scuole, con la collaborazione scientifica di Archivio Storico “Giancarlo Spizzichino” della Comunità Ebraica di Roma CDEC, Fondazione Centro di Documentazione ebraica contemporanea Silvia Marinozzi, La Sapienza Università di Roma.
Dall’incontro
con alcuni studenti romani che hanno partecipato al Viaggio della Memoria e
dalla volontà del Comune di Roma, è nata questa mostra.
All’ingresso della mostra ci sono gruppi di persone, famiglie di origine ebraica,
ancora unite, che ci guardano da un mosaico di fotografie in uno spazio
ristretto, in cui il visitatore è invitato a entrare, rievoca il vagone delle
deportazioni. Le porte si chiudono e nell’oscurità s’innalzano
le voci di Mussolini e di Hitler, l’inneggiare esaltato delle folle, il ritmo
incalzante del treno.
Le porte del vagone si riaprono, altri volti ci osservano, quelli di coloro che
avevano già varcato le soglie dei campi di sterminio. Una proiezione mostra la
struttura del campo di Auschwitz, dove furono deportati non solo ebrei, ma
anche prigionieri politici, oppositori, sinti, rom, omosessuali.
Le grandi pareti dei ritratti nascondono le storie intrappolate nei campi e nei
meandri della memoria di chi ha visto e vissuto. Accostando l’orecchio alle
pareti si ascoltano le voci e le storie dei sopravvissuti, di coloro che si
sono presi carico di raccontare a noi, oggi. Sono alcuni dei testimoni che sono
tornati ad Auschwitz ad accompagnare i più giovani. Sono coloro che vogliono
affidare la loro memoria a nuovi testimoni.
Tre schermi accolgono i volti degli studenti che hanno ideato e voluto questo
percorso e che, con i loro racconti, danno inizio a questa nuova, eppure così
primaria, forma di memoria.
Il percorso prosegue con tre approfondimenti. Uno dedicato alla progettazione
della “macchina di sterminio” e alla pianificazione degli esperimenti
scientifici. Uno alla babele linguistica, la “Lagersprache”, la lingua che
serviva a sopravvivere in un luogo dove non capirsi e non capire poteva
significare essere fucilati all’istante. Uno al tentativo di recuperare le
innumerevoli identità registrate come numeri di serie. In questa sala spetta al
visitatore, avvicinandosi ai monitor, far riaffiorare l’identità perduta dei
prigionieri.