Galerie des glaces


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Roberto Fanari, Testa di giovane, filo di ferro cotto, cm 32x20x18, 2017

Fino al 21 dicembre prossimo, la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano ospita il progetto di Roberto Fanari (Cagliari, 1984), dal titolo Galerie des glaces realizzato a cura di Flavio Arensi.

Questa mostra è il terzo e ultimo appuntamento con il nuovo ciclo delle Project Room della Fondazione, che mette a disposizione di giovani curatori e artisti il proprio spazio e le proprie competenze, per raccontare al pubblico le ultime tendenze della scultura contemporanea.

Il curatore ha costruito un progetto in tre atti, La stanza di Proust, pretesto per guardare gli accadimenti della società e dell’uomo attraverso i suoni, le assenze e le presenze, del passato come del futuro. I tre momenti che si susseguono in questa stanza formando un’unica riflessione sul ruolo della scultura in questo momento storico.

Roberto Fanari, secondo il suo concetto del tema, ha stabilito che creando una stanza vuota, costringe il pubblico a relazionarsi con la propria immagine.

Per la Fondazione Arnaldo Pomodoro, Roberto Fanari ha infatti pensato a una vera e propria galleria degli specchi, riducendo le linee minimali che delimitano lo spazio della Project Room per fare della sua scultura-architettura un luogo rarefatto in cui il visitatore è solo con se stesso.

Roberto Fanari ricostruisce un “salone delle feste” tipico degli antichi palazzi reali, intervenendo sul perimetro della stanza vuota, spogliando le pareti di tutte le necessità decorative e lasciando solo agli specchi il compito di interagire con il visitatore. L’immagine riflessa obbliga la persona a confrontarsi con il proprio io profondo. Stare davanti a uno specchio significa cercare un punto di mediazione tra i diversi livelli della psiche.

In questo modo l’osservatore si osserva, è testimone della propria storia. Fanari, che di norma illustra le relazioni attraverso figure-modelli in filo di ferro saldato, qui abdica alla partecipazione dei suoi manichini-attori per svincolare chi entra da qualsiasi legame e da ogni forma di condivisione, giacché la scena può svolgersi solo nell’intimità estrema.

Così, in questo ambiente risuonano musiche composte da Francesco Fugazza. Alla base della composizione si avverte il progetto di campionamento del suono dei principali materiali di lavoro dello scultore, che è stato poi rielaborato in post produzione al fine di creare una successione di fotografie sonore ispirate a Gymnopédie n°3 di Erik Satie.

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