Arte e nonne. Come si fa a capire il moderno


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L’autrice, Alice Zannoni

Il problema dell’arte odierna esiste: la cosiddetta moderna o contemporanea, quella attuale insomma, nuova, sperimentale, avanguardista, che grosso modo parte dai primi Novecento e arriva ai nostri giorni incontra ancora parecchi detrattori non solo tra l’uomo della strada, ma ad esempio anche in ambito scolastico, dove persino alcuni insegnanti inorriditi di fronte a quanto accaduto dopo gli Impressionisti si rifiutano dispiegare il Novecento, salvo le rare eccezioni di pittura realistica tranquillizzante. Come fare e soprattutto che fare per spiegare che Pablo Picasso, Marcel Duchamp, Lucio Fontana, Jackson Pollock o Piero Manzoni stanno al XX secolo come Leonardo, Raffaello, Michelangelo all’epoca rinascimentale?

Ci sta riuscendo una giovane studiosa, Alice Zannoni, con un libro e con le conferenze attorno ad esso in giro per l’Italia: il titolo del volume è L’arte contemporanea spiegata a mia nonna e parte da un fatto vero: “La nonna – dice la stessa Autrice nel corso di un bellissimo incontro monferrino – esiste, si chiama Zita Urbani, ha 92 anni adesso, a un certo punto le ho detto, visto che non riusciva a comprendere che professione esercitassi: ‘Nonna, ti spiego cosa faccio nella vita’. E abbiamo fatto questo libro che penso costituisca un materiale utile per chi non capisce nulla di arte”.

Si tratta di una reazione anche verso il microcosmo di taluni fra i critici d’arte, perché spesso autocomunicano solo fra se stessi, usando, talvolta a sproposito, paroloni incomprensibili, che alimentano il loro ego personale. L’esperienza della Zannoini risulta per lei divertente, quando, spulciando nella pochette della nonna, trova molti santini, le immaginette religiose e devozionali che spesso contengono parole molto belle (perlopiù tratte da agiografie o sacre scritture); e ad Alice viene subito in mente, per contrasto, l’immagine dello squalo in formaldeide dell’artista inglese Damiem Hirst che vale la bellezza di 12 milioni di dollari.

Alla nonna, il ‘critico’ inizia anzitutto a spiegare che tutto è arte, potenzialmente, da quando si nasce; è arte ogni cosa che si ha nella propria testa; e, da questo presupposto teorico, comincia a strutturare il libro come una sequela di lezioni, a narrare e spiegare cent’anni di Storia dell’Arte, lavorando non per autori, generi, movimenti, raggruppamenti, bensì, più filosoficamente, a livello di categorie estetiche, anzitutto dicendo come nasce un’opera d’arte e perché nascere, trattando in seguito il concetto di valore e il concetto di giudizio, approdando alla fine a un discorso e quindi a un teso contro il concetto o il preconcetto del “tanto io non lo capisco”, riferito appunto al macrocosmo dell’arte contemporanea.

La Zannoni parte quindi dalla constatazione che la nonna risulta priva di una cultura classica e moderna e quindi di conseguenza la nipote non solo deve spogliarsi di un enorme fardello intellettuale, ma soprattutto vuole sforzarsi di trovare un escamotage per entrare nel mondo di una persona ignara di storia dell’arte contemporanea. Per far questo, domandandosi come illustrare alla nonna l’iniziatore di una linea analitica e concettuale, ha l’idea di prelevare in cantina uno scolabottiglie e mostrarlo all’anziana assieme alla foto dell’opera di Marcel Duchamps, in cui l’oggetto scolabottiglie, esposto in galleria o al museo, oggettivamente cambia funzione. Per essere un’opera d’arte insomma ci vuole il contesto, in questo caso una sala espositiva ed è come battezzare l’oggetto che da scolabottiglie diventare opera d’arte.

Un altro esempio provocatorio per la nonna risulta la “lattina di merda” di Piero Manzoni, usata da Alice come lezione sul bello. È, come si sa, un oggetto che tutto rispecchia, tranne il bello. Quindi viene spontanea la domanda: “Nonna, una lattina di merda è bella?”. La signora ci pensa un po’ ed esclama: “Io per avere un bell’orto ci vuole la merda”. Da lì si arriva ai jeans strappati, insomma un aiuto vicendevole per dire come muta nel tempo il concetto di bello, attraverso un’ampia deduzione, che scardina per ciascuna le proprie conclusioni.

Altro esempio-chiave restano le tele di Lucio Fontana, a causa di luoghi comuni e pregiudizi del tipo: “È bucato, è da buttare”, mentre tutti poi dicono: “Son capace anch’io di fare un quadro così!”. Il grande designer, pittore e teorico Bruno Munari avrebbe risposto: “E perché non l’hai fatto allora?”. Alla nonna invece Alice prova a far capire cosa c’è dietro un taglio di Fontana. Lei in primis non si capacita del taglio, considerato un gesto che vuole rovinare l’opera, ma non si tratta ovviamente di distruzione perché con quel gesto viene convinta che l’artista tenta di comprendere filosoficamente cosa esista dietro la tela.

L’arte, grazie al dialogo fra nonna e nipote, serve a essere liberi di vedere il mondo in modo diverso; e al proposito la Zannoni cita un esempio molto divertente sul concetto di Storia dell’Arte, che elaborano assieme: un giorno in spiaggia al mare l’anziana vede un africano che ha un coccodrillo gonfiabile e inizia il gioco delle contrattazioni; come esiste lo squalo in una mostra, così la nonna acquista un coccodrillo a far da spaventapasseri nei campi di pomodori.

Per saperne di più, alla fine, resta comunque un bel libro edito dalla NFC di Rimini dal titolo appunto L’arte contemporanea spiegata a mia nonna: l’ha scritto la trentaseienne Alice Zannoni, che in questo modo, sta forse rivoluzionando il modo di approcciarsi all’arte e, grazie alla nonna, aiuta soprattutto a capire il moderno in questa attuale difficile società.

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