Van Dyck e i suoi amici. Fiamminghi a Genova 1600-1640


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Van Dyck, Particolare del ritratto ad Ansaldo Pallavicino

A Genova, nel Palazzo della Meridiana, fino al 10 giugno prossimo è esposta la mostra “Van Dyck e i suoi amici. Fiamminghi a Genova 1600-1640”, realizzata dall’Associazione Amici di Palazzo della Meridiana, a cura di Anna Orlando.

Sono esposte cinquanta opere tra dipinti, disegni ed incisioni, tra le quali otto sono di Van Dyck, selezionate da musei e collezioni private.

La mostra è introdotta da un video dal taglio prettamente didattico; seguono quattro sale che affrontano i vari temi legati al momento in cui il giovane Anton Van Dyck arriva da Anversa a Genova nel 1621, poco più che ventenne e vi resta fino al 1627 con continui spostamenti nel resto della Penisola.

Il percorso della mostra inizia con una sala incentrata sulle figure dei due fratelli Cornelis e Lucas de Wael, ai quali tradizionalmente si riferisce l’accoglienza in città del giovane Van Dyck al suo arrivo. Con il titolo “La colonia dei fiamminghi a Genova”, la sala illustra il momento di grande fermento quando alcuni pittori nordici, per lo più di Anversa giungono in città.

Dipinti e disegni esemplificano al meglio la nascita di una nuova pittura che non nasce solo su committenza, ma anche al nuovo libero mercato artistico. Si parla di “nascita dei generi”, ossia opere con brani di vita quotidiana, composizioni con natura morta, battaglie navali o terrestri, paesaggi.

Sono presenti gli artisti giunti a Genova prima di Van Dyck – come Jan Wildens, di passaggio alla metà degli anni Dieci – o quelli che vi arrivano nei suoi stessi anni, come Vincenzo Malò, anch’egli allievo di Rubens, che vi approda alla metà degli anni Venti.

La seconda sala, la più grande al centro del percorso espositivo, è divisa in due parti. La prima, dal titolo “Maestri e allievi”, presenta i protagonisti di queste botteghe dove operano forestieri e locali insieme, come ad esempio Vincent Malò, allievo di Rubens, è maestro di Anton Maria Vassallo; Jan Roos, allievo di Frans Snyders e collaboratore di Van Dyck a Genova è maestro di Stefano Camogli, che a sua volta collabora con Domenico Piola. I nordici, infatti, abituati a lavorare a più mani sulla stessa tela, introducono questo metodo anche a Genova, accogliendo nei loro atelier anche giovani pittori genovesi che si formano con loro e che maturano dunque un nuovo linguaggio pittorico che non può che definirsi “fiammingo-genovese”.

Nella seconda parte della grande sala, dal titolo “La natura morta animata fiammingo-genovese”, domina il capolavoro di Van Dyck dei Musei di Strada Nuova, “Vertumno e Pomona”, con accanto scene istoriate e un vero e proprio tripudio di fiori e frutti, nelle splendide tele di Jan Roos, Stefano Camogli e Pieter Boel.

Un’inedita “Natura morta” di Strozzi spiega quanti motivi d’ispirazione i nordici abbiamo fornito anche ai più grandi pittori della scuola genovese del Seicento.

La parte finale della mostra sono incentrate sulla gigantesca figura di Van Dyck, con capolavori della sua attività ritrattistica e con le sue intense, drammatiche o dolcissime, opere a soggetto sacro.

La terza sala è dunque dedicata ai “Ritratti”, con opere provenienti dai musei genovesi molto note, come l’“Ansaldo Pallavicino” della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola di “Pellicceria” o il “Gioielliere Puccio con il figlio” dei Musei di Strada Nuova, accanto a un “Ritratto dell’ammiraglio genovese Ambrogio Spinola” di collezione privata, esposto per la prima volta al pubblico.

La quarta e ultima sala, intitolata “Sacre passioni”, ruota attorno al capolavoro di Van Dyck in prestito dal Museo di Palazzo Reale, il “Crocifisso” al quale generazioni di artisti genovesi si sono dopo ispirate. Alcuni confronti di grande affetto svolgono questo tema, con opere di Giovanni Benedetto Castiglione, Stefano Magnasco e Alessandro Magnasco.

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