Giuseppe Pirozzi. Rudera, sculture in terracotta 2007-2017


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Giuseppe Pirozzi, Trittico, 2017

Il titolo della mostra fa riferimento al testo poetico Rudera, composto da Michele Sovente per la scultura di Giuseppe Pirozzi, la quale si articola in tre diversi ambiti espositivi del Castel Sant’Elmo. Il Museo Novecento a Napoli, che include nella propria collezione permanente due pezzi storici di Pirozzi, e che ospita per l’occasione una sintetica ma significativa antologica di opere in bronzo che testimoniano le fasi principali del percorso di ricerca artistica dello scultore, dagli esordi degli anni Cinquanta ad oggi; l’aula unica della chiesa di Sant’Erasmo, che per la prima volta si aggiunge agli spazi espositivi del museo, nella quale è presento un corpus di venticinque sculture fittili, in gran parte inedite, realizzate dall’artista nell’ultimo decennio, 2007-2017; la sagrestia della medesima chiesa, che per questa occasione è sede dell’istallazione ambientale Preghiere, costituita da cento formelle in terracotta ingobbiata plasmate con continuità rituale dallo scultore negli ultimi quattro anni e allestite a parete come opera unica.

La mostra, visitabile fino al 13 gennaio 2018, è a cura di Enrico Crispolti, il quale scrive: «È, in tipologie differenziate, la ventina di sculture di media dimensione a tuttotondo e a rilievo, bifrontali, realizzate appunto in terracotta dal 2007 a oggi, ora collocate espositivamente nell’aula della Chiesa di Sant’Erasmo, in un’ordinata disposizione in due insiemi, a fronte dell’importante Trittico che quasi espressivamente le domina e riassume […] Marchingegni immaginativi, nei quali con grande disinvoltura e maestria plastica, Pirozzi propone come delle occasioni di divagazione inventiva, offerte con un garbo quasi di “capriccio” appunto plastico settecentesco. In cui la componente ludico immaginativa, attraverso un riscontro sincretico di possibili ricordi e suggestioni, si fa occasione di circostanziata, plausibile, provazione plastica. Occasioni d’immaginare allusivamente, in una gamma assai ampia di invenzioni, combinazioni, soluzioni, il cui senso credo risieda tutto nell’offerta, molto svariata, d’un possibile repertorio di sapienti provocazioni plastiche combinatoriamente appunto allusive. Raramente tuttavia insinuandovisi un accento monitoriamente drammatico. […] Mentre nell’adiacente sacrestia, Pirozzi propone un’installazione ambientale costituita dall’allestimento compattato su un’unica parete di cento piccole formelle a bassorilievo, in terracotta ingobbiata in ricca varietà cromatica. E sono le sue proposte di realizzazione più recente. La vivacità della cui breve ma evocativamente e direi umoralmente intensa e svariatissima invenzione, sia iconico-plastica che di caratterizzazione cromatica, in piccole superfici dunque variopinte ciascuna diversa e a suo modo spiazzante, costituisce, quasi attraverso un fitto regolare insieme di immaginifici, misteriosamente allusivi ex-voto, un insieme a suo modo unico, e al tempo stesso d’un di volta in volta sfogliabile insieme di pagine tanto uniche quanto complessivamente, come qui appunto, memorialmente connettibili» (Per il sincretismo iconico memoriale di Pirozzi, inoltrandosi nel Duemila, estratto, 2017).

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