Dro Drone Land. Dipinti e incisioni. Maria Candeo


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Maria Candeo, Fitoplancton bioluminescente, satellite, acrilico, olio su tela, cm 100 x 100, 2016

Alla Sala della Gran Guardia di Padova, da oggi e fino al 26 marzo, è allestita la mostra personale di Maria Candeo “Dro Drone Land. Dipinti e incisioni”, organizzata dal Comune di Padova, Settore Cultura, Turismo, Musei e Biblioteche e curata da Enrica Feltracco, che presenta 30 opere recenti dell’artista padovana che con le sue opere traduce e rimodula immagini di paesaggio, riprese dai satelliti e dai droni, in dipinti, monotipi e grafiche.

Maria Candeo (Padova, 1974) ama, infatti, studiare le visioni dall’alto, come le fotografie scattate dai satelliti, personalizzando in un’ottica contemporanea la rappresentazione ‘a volo d’uccello’, propria dell’arte antica.

L’artista padovana usa queste immagini come modello da riportare sulla tela o sulla lastra d’incisione, attraverso un lungo e attento processo fatto di texture sovrapposte, di delicate velature o di accostamenti cromatici molto studiati. Il paesaggio ritratto dal satellite, benché sfugga a ogni caratterizzazione geografica e a ogni tentativo di tracciare linee nette tra solidi e liquidi, tra terre emerse, fiumi, minerali, scarti di lavorazione, riesce a cogliere alcuni elementi che segnano il passaggio dell’uomo, come le strade, i campi coltivati intensivamente, gli impianti di bonifica, i complessi industriali. Compare la desertificazione, l’antropizzazione spinta, la Terra trasformata e ferita con le sue cicatrici industriali.

L’arte di Maria Candeo si immerge in tutto questo e documenta quanto questo processo si sia ormai spinto verso una deriva difficilmente recuperabile.

Diversa dalla visione satellitare è quella che avviene col drone che si abbassa e lascia spazio a quella più prossima. Si riconoscono le strade percorse dalle pattuglie degli eserciti nelle missioni in Afghanistan, i vulcani trasformati in colori luminescenti dalle fotocamere termiche, le lottizzazioni ai confini delle terre aride, le discariche minerarie, gli scarichi industriali, le velme e le barene della laguna di Venezia.

Sono queste le suggestioni che guidano la mano di Maria Candeo, sia quando si affida ai pigmenti e all’olio, sia quando graffia la lastra, per riportare, a monito per le generazioni future, le pesanti e pericolose alterazioni del territorio o meglio, le cicatrici lasciate dall’intervento dell’uomo sul pianeta.

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