Berenice Abbott. Topografie


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Van De Graaff Generator, Cambridge, MA c1958 @Berenice Abbot, Commerce Graphics, Getty Images, Courtesy of Howard Greenberg, NewYork

Il Museo MAN di Nuoro ospita, da domani 17 febbraio e fino al 21 maggio, la prima mostra antologica in Italia dedicata alla fotografa americana Berenice Abbott (USA, 1917-1991), una delle più originali e controverse protagoniste della storia fotografica del Novecento.
Questa mostra, realizzata a cura di Anne Morin e grazie al contributo della Regione Sardegna e della Fondazione di Sardegna, è la terza di un grande ciclo dedicato alla street photography. Con essa si intende raccontare le tre principali fasi della produzione fotografica di Berenice Abbott attraverso una ricca selezione di scatti, tra i più celebri della sua produzione, e materiale documentario proveniente dal suo archivio. La mostra si compone di una selezione di ottantadue stampe originali realizzate tra la metà degli anni Venti e i primi anni Sessanta, qui suddiviso in tre macrosezioni: Ritratti, New York e Fotografie scientifiche.

Nata a Springfield, in Ohio, nel 1898, Berenice Abbott si trasferisce a New York nel 1918 per studiare scultura. Qui entra in contatto con Marcel Duchamp e con Man Ray, esponenti di punta del movimento dada. Con Man Ray, in particolare, stringe un rapporto di amicizia che la spingerà a seguirlo a Parigi e a lavorare come sua assistente tra il 1923 e il 1926.
A questo periodo appartengono i primi ritratti fotografici dedicati ai maggiori protagonisti dell’avanguardia artistica e letteraria europea, da Jean Cocteau, a James Joice, da Max Ernst ad André Gide. Ritratti che, secondo alcuni, costituiscono il canale espressivo attraverso il quale Berenice Abbott, lesbica dichiarata, in un’epoca ancora lontana dall’accettare l’omosessualità femminile, racconta la propria dimensione sessuale.
Allontanatasi dallo studio di Man Ray per aprire il proprio laboratorio di fotografia frequentato da un circolo di intellettuali e artiste lesbiche come Jane Heap, Sylvia Beach, Eugene Murat, Janet Flanner, Djuna Barnes, Betty Parson, già nel 1926 Abbott espone i propri ritratti nella galleria “Le Sacre du Printemps”. È in questo momento in cui entra in contatto con il fotografo francese Eugène Atget, conosciuto per le sue immagini delle strade di Parigi, volte a catturare la scomparsa della città storica e le mutazioni nel paesaggio urbano. e questo momento rappresenta anche il cambiamento della fotografa, che decide di abbandonare la ricerca portata avanti fino a quel momento e di fare propria la poetica del negletto Atget dedicandosi, da ora in poi, al racconto della metropoli di New York.
Tutti gli anni Trenta, dopo il rientro negli Stati Uniti, sono infatti dedicati alla realizzazione di un unico grande progetto, volto a registrare le trasformazioni della città in seguito alla grande depressione del 1929. La sua attenzione si concentra sulle architetture, sull’espansione urbana e sui grattacieli che progressivamente si sostituiscono ai vecchi edifici, oltre che sui negozi e le insegne. Il risultato è un volume, tra i più celebri della storia della fotografia del XX secolo, intitolato “Changing New York” (1939), che raccoglie una serie straordinaria di fotografie caratterizzate da forti contrasti di luci e ombre e da angolature dinamiche, ad esaltare la potenza delle forme e il ritmo interno alle immagini.
Nel 1940 Berenice Abbott diventa picture editor per la rivista “Science Illustrated”. L’esperienza maturata nelle strade di New York la porterà a guardare con occhi diversi le immagini scientifiche, che diventano per lei uno spazio privilegiato di osservazione della realtà oltre il paesaggio urbano. In linea con le coeve ricerche artistiche sull’astrazione, Berenice Abbott realizza allora una serie di fotografie di laboratorio, concentrandosi sul dinamismo e sugli equilibri delle forme, con esiti straordinari.

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