Liberty in Italia. Artisti alla ricerca del moderno


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Paolo Antonio Paschetto, Ragazza con lira, 1908, 1910, olio su tela, cm 231x120, Collezione privata, Roma

Paolo Antonio Paschetto, Ragazza con lira, 1908, 1910, olio su tela, cm 231×120, Collezione privata, Roma

Circa 300 opere, in gran parte inedite, sono in mostra a Palazzo Magnani di Reggio Emilia da oggi, 4 novembre, e fino al 14 febbraio 2017 e costituiscono la mostra “Liberty in Italia. Artisti alla ricerca del moderno” curata da Francesco Parisi e Anna Villari.
Sono sette le sezioni in cui sono suddivise le 300 opere, tra dipinti, sculture, illustrazioni, progetti architettonici, manifesti, ceramiche, incisioni e selezionatissimi i prestiti provenienti dai più importanti Musei italiani e da straordinarie Collezioni private, e molti dei quali, oggetto di recenti studi, vengono presentati al grande pubblico per la prima volta.
Ogni sezione della mostra dedicata al dialogo tra le diverse arti mette in luce l’alternanza tra le due anime del Liberty italiano: quella propriamente floreale e quella modernista, più inquieta, stilizzata ed essenziale e che precederà le ricerche delle avanguardie, in primis il Futurismo.
Il percorso della mostra si sviluppa secondo una scansione per sezioni tradizionali: pittura, scultura, decorazione murale, ceramiche, progetti di case d’artista (come chiave nuova per entrare nell’idea progettuale dell’architetto che lavora, eccezionalmente e con la massima libertà espressiva, per se stesso), manifesti, illustrazione e incisione.
Filo rosso che collega tutte le sezioni di mostra è lo stretto dialogo tra opera e processo creativo, che si manifesta attraverso la pratica del disegno e l’esercizio sulla linea grafica: alle pitture, sculture, ceramiche, ai progetti decorativi e ai manifesti sono stati infatti accostati bozzetti preparatori, cartoni, i disegni relativi a vasi, piatti e oggetti, in un continuo scambio tra arti e campi di ricerca: si potrà così anche scoprire che lo scultore Arturo Martini ha disegnato vasi in ceramica, Felice Casorati ha progettato una fontana, Vittorio Corcos è stato anche cartellonista e Umberto Boccioni, oltre che cartellonista, ha disegnato alcune vignette per il Corriere dei Piccoli. Che risale insomma proprio al Liberty la ricerca di una bellezza applicata, grazie alla firma di un autore, a tutte le forme del vivere quotidiano.
Una chiave inconsueta che rivela, entrando nel vivo del fare e nella mente dell’artista, la vera essenza concettuale e espressiva del Liberty, un movimento, una tendenza e una moda che, a distanza di più di cento anni, non ha ancora esaurito il suo potere seduttivo.
Le sezioni della mostra sono: la pittura, articolata in tre grandi sale, e si snoda attraverso i primi tentativi di aggiornamento del gusto, con l’opera degli artisti del gruppo In Arte Libertas di matrice preraffaellita, e con la pittura a pennellate filamentose di Nomellini e Previati, che filtrarono le ricerche del divisionismo attraverso temi ed atmosfere simboliste; un’ampia sezione di ritratti, nudi e allegorie, da Giulio Bargellini a Giovanni Costetti, da Amedeo Bocchi ad Armando Spadini, accostati ai disegni preparatori, evidenziano la pluralità delle ricerche e come in Italia non fosse affidata solo alla linea sinuosa e fluttuante, derivata principalmente dal mondo vegetale, la ricerca di innovazione di linguaggio; l’illustrazione e la grafica, che, forse più di ogni altra, è l’espressione artistica caratterizzante la Belle Epoque, sia quella applicata ovvero il manifesto e l’illustrazione libraria, sia quella produzione più personale sortita dai torchi dei singoli artisti che, in un’accezione più vasta, alle Esposizioni d’arte veniva definita Bianco e Nero. Nel caso della produzione grafica originale, si trattava quasi sempre di opere ispirate ai grandi temi della letteratura decadente o storicista; nel caso, invece, della grafica editoriale si vennero a creare importanti binomi tra artista e letterato. Ne sono un esempio i rapporti tra De Carolis e D’Annunzio, oppure tra Francesco Nonni e Antonio Beltramelli.
Ampio spazio è dato all’incisione originale e verranno esposte le opere dei più influenti artisti con rari e preziosi esemplari provenienti da diversi Archivi privati e dalle collezioni della Calcografia Nazionale di Roma; le case d’artista, che forniscono un punto di osservazione privilegiato per guardare all’architettura del liberty italiano e al tema, di primaria importanza, della casa; le arti decorative, che affermarono le tendenze Liberty in Italia in occasione dell’Esposizione delle Arti Decorative di Torino del 1902. Le arti decorative in mostra si articolano in due diverse sezioni: la ceramica d’artista, e piccoli manufatti in bronzo, tra scultura e oggetti di uso comune. In entrambi i casi si tratta di opere non filtrate dal lavoro dell’artigiano che realizza l’opera da un progetto dell’artista, come nel caso dei mobili, ma dal diretto intervento del creatore evidenziato, nella mostra, dai disegni preparatori delle opere. In mostra le ceramiche di Domenico Baccarini, Giuseppe Cellini, Galileo Chini, Arturo Martini, Giovanni Prini, Achille Calzi e i bronzi di Duilio Cambellotti, Alessandro Zanelli, Giovanni Alloati e Renato Brozzi etc; la scultura, che propone la tendenza più marcatamente Liberty con le opere di artisti come Domenico Trentacoste o Pietro Canonica; per la grande pittura decorativa,
la sezione si apre con i bozzetti per la Galleria Sciarra di Roma realizzati da Giuseppe Cellini, esempio di proto Liberty, si snoda attraverso la linea francesizzante di Ettore Maria Bergler per giungere alle inflessioni bizantineggianti e klimtiane di Giulio Bargellini fino alle tensioni dinamiche di Duilio Cambellotti; i manifesti, che diventano un canale attraverso il quale l’artista moderno può veicolare la propria creatività, rendendosi attivo e utile nel diffondere i frutti benefici della rivoluzione industriale. Partecipando dell’atmosfera culturale dominante, artisti come Adolfo De Carolis, Adolfo Hohenstein, Aleardo Terzi, Plinio Nomellini, Galileo Chini, Leonardo Bistolfi, Vittorio Grassi o Umberto Boccioni si dedicano alla nuova “arte del manifesto”, e applicano anche in questo settore gli stilemi delle tendenze figurative del momento. In mostra manifesti mai visti di grandi dimensioni e dal forte impatto coloristico.
La mostra è promossa dalla Fondazione Palazzo Magnani in collaborazione con Silvana Editoriale e con la partecipazione di: Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Comune di Reggio Emilia, Regione Emilia Romagna, Provincia di Reggio Emilia, Fondazione Cassa di Risparmio Pietro Manodori, Camera di Commercio di Reggio Emilia.

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