Claudio Olivieri. Infinito visibile


Stampa

“Infinito visibile” è la prima mostra istituzionale allestita dopo la scomparsa di Claudio Olivieri (Roma, 1934 – Milano, 2019), composta da una trentina di opere, tra olii su tela e tecniche miste su carta, tutte di proprietà dell’Archivio Claudio Olivieri e ospitata, fino al 21 novembre prossimo, nella Galleria Arte Contemporanea di Palazzo Ducale di Mantova

L’esposizione si articola attraverso tre sale, che seguono lo svolgersi del percorso creativo di Olivieri, cominciando dal “Senza Titolo” del 1967 fino a “Vaneggiare” del 2014. La distribuzione delle opere nello spazio non segue, tuttavia, un ordine esclusivamente cronologico, ma procede anche per richiami ed assonanze, in linea con il pensiero dell’artista, che riconosceva nel colore e nella luce gli assi portanti del proprio percorso.
Le opere tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta (in mostra “Thule”, 1970, tecnica mista su carta intelata, 150×182 cm) mostrano come l’artista fosse arrivato a una sua personale visione dell’arte Informale che si portava fuori dalla pesantezza della materia e dall’oscuro magma esistenziale tipico di quell’indirizzo artistico, per rivolgersi invece a un segno febbrile ed elettrico che si accorda più alla luce e alla brillantezza del colore che al gesto della mano, che pure, in queste prime opere è ancora presente. Incomincia qui a delinearsi quell’identità tra colore-oggetto e superficie, in una visione in cui l’accordo tra cromie e luminosità sarà sempre più autonomo e svincolato dal soggetto, per assumere una profondità di campo sempre più incontenibile e intensamente poetica.
Dagli anni Settanta spazio e libertà divengono parole d’ordine della pittura di Olivieri e segnano una svolta decisa, tramutando la materia pittorica filamentosa delle opere precedenti in stratificate campiture di colore, steso ora non più col pennello ma a spruzzo, con una tecnica che l’artista andrà via via raffinando e che gli permetterà di ottenere quelle velature, quegli aloni, quelle aperture e sfondamenti pittorici oltre la superficie che connotano la sua opera più matura.
Gli anni Settanta e Ottanta vedono anche il prevalere di una tavolozza che pur scurendosi resta splendente per le sovrapposizioni aeree e leggere degli strati pittorici, un effetto tecnicamente acuito mescolando il colore ad olio con trementina e cera vergine e distribuendolo in un pulviscolo di luce e baluginio steso sulla superficie con l’uso magistrale che l’artista fa della pistola a spruzzo.

Nel raggiungere con autonomia ed originalità questi risultati Claudio Olivieri si pone in dialogo con gli sviluppi più raffinati e aggiornati della ricerca pittorica internazionale di quegli anni, dalla Pittura analitica Italiana fino alle Geplante Malerei tedesca e agli esiti più maturi della Post-Painterly Abstraction americana, fino a trovare degli echi in Estremo Oriente nella pittura del gruppo coreano Dansaekhwa ed in alcune esperienze pittoriche di quello stesso giro d’anni nell’ambito del gruppo giapponese Mono-Ha.
La mostra si estende a considerare gli esiti maturi di quella ricerca così rigorosa ed essenziale, che per Olivieri prosegue sulla linea della suggestione che colore e luce continueranno ad esercitare su di lui fino alle ultime opere, dai lavori più decentrati fino a quelli che insistono sui margini che come quinte si aprono sull’infinità dello sfondo più immaterialmente lontano.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Publi Paolini con testi istituzionali prefazione di Eleonora Olivieri, testi critici di Arianna Baldoni, Matteo Galbiati e Gianluca Ranzi e ricca antologia critica che raccoglierà alcune delle principali voci più che hanno scritto di Claudio Olivieri dagli anni Sessanta a oggi.

Share Button