Il rituale del serpente. Animali, simboli e trasformazioni


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Fino all’8 dicembre prossimo, presso gli spazi del monumentale Convento di San Francesco di Bagnacavallo (RA) è ospitata la mostra “Il Rituale del serpente. Animali, simboli e trasformazioni”, a cura di Viola Emaldi e Valentina Rossi. L’esposizione è promossa dal Comune di Bagnacavallo in occasione della Festa di San Michele, patrono della città, e organizzata dal collettivo Magma.

Il Rituale del serpente nasce da alcune riflessioni intorno all’opera d’arte simbolo dell’identità culturale di Bagnacavallo: l’incisione San Gerolamo nello studio di Albrecht Dürer, datata 1514 e conservata presso il Museo Civico delle Cappuccine, che raffigura il Santo insieme al leone che aveva portato con sé di ritorno dall’eremitaggio nel deserto, dopo averlo ammansito togliendogli una spina dalla zampa. Proprio da quest’opera, parte la riflessione sulla mostra, per indagare attraverso l’arte contemporanea l’attualità della simbologia, se e quando è ancora presente, che accompagna il legame tra uomo e animali.

Marco Mazzoni, Further III, 2010

Il titolo della mostra riprende l’omonimo libro di Aby Warburg, che raccoglie una conferenza tenuta dallo studioso nella casa di cura Kreuzlingen nel 1923. Warburg nella sua digressione evoca il terrore primitivo del serpente, l’animale che forse più di ogni altro attiva una carica fobica su tutti gli altri esseri viventi, compreso l’uomo. Questo stesso impulso, del tutto naturale, ci suggerisce di non distinguere l’uomo in quanto specie “differente”, sebbene agisca secondo logica e capacità di astrazione particolarmente complessa.

La mostra è da intendersi come una costellazione di opere che indagano l’essere animale, partendo dai simboli e dalla loro interpretazione iconografica e iconologica, passando per il pensiero scientifico, fino allo slittamento dall’epoca dell’Antropocene, concetto nato negli anni Ottanta del Novecento e poi formalizzato dal Premio Nobel per la Chimica Paul Crutzen all’inizio degli anni Duemila, a quella del Chthulucene, termine coniato da Donna Haraway nel 2016 per indicare un tempo di crisi ecologica in cui tutto è interconnesso e in cui per sopravvivere è necessario imparare l’arte della coesistenza tra specie. E gli animali hanno sempre fatto parte dell’immaginario artistico, nella cultura occidentale come in quella orientale, a partire dalle loro primissime rappresentazioni. Il percorso espositivo intende evidenziare come la ricerca contemporanea abbia continuato a portare avanti, ovviamente con gli opportuni indici di differenziazione, un’arte che spesso esprime, seppur in modo evocativo, questa connessione tra specie.

In mostra sono presentati lavori inediti di Marta Pierobon, Luigi Presicce, Lorenzo Scotto di Luzio, Filippo Tappi, opere recenti di Mark Dion, Valentina Furian, Claudia Losi, Marco Mazzoni, Dana Sherwood, Davide Rivalta, Emilio Vavarella e un’opera site specific di Bekhbaatar Enkhtur.

La mostra è accompagnata da una pubblicazione edita da Danilo Montanari Editore e con un testo del professor Fabrizio Lollini dell’Università di Bologna. Il volume verrà presentato il 14 novembre 2021.

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