Julien Friedler. Legends (Mapping II)


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La mostra di Julien Friedler (Bruxelles, 1950), “Legends (Mapping II)” è allestita alla Galleria Civica Cavour di Padova fino a domenica 5 settembre, ed è composta da un centinaio di tele di impostazione espressionistica, frutto del lavoro di ricerca intrapreso con il macro-progetto Mapping, in cui l’artista belga è impegnato dal 2018.

Julien Friedler, Couleurs sur toile

Curato da Dominique Stella e dal gallerista Carlo Silvestrin, l’allestimento propone 99 tele, tra cui molte inedite, ed alcune installazioni la cui ispirazione resta legata alla visione contemplativa e al tempo stesso introspettiva che caratterizza tutte le opere di Mapping, dove dalla materia pittorica scaturiscono impressioni delicate e impalpabili che s’insediano in atmosfere vaporose e variopinte.
Legends (Mapping II), che è organizzata dall’Associazione Culturale Cimi in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova.
Così la co-curatrice Dominique Stella spiega il lavoro di  Julien Friedler: “Come tutte le opere di Mapping, anche queste presentate in Legends (Mapping II) sono legate a questo espressionismo magico che caratterizza lo stile di Friedler, appaiono come brandelli di territori astratti, strappati alla terra, allo spazio, una cartografia di paesaggi mentali, legati alla Natura stessa, profonda ed essenziale che si rivela nel sogno o in uno stato di consapevolezza appena cosciente. Vi è, in Mapping, una rivendicazione di colore e l’emergere di un’invisibilità che serve da passaggio tra qui e un altrove, rivelatrice di pensieri, di sensazioni che ci riconnettono alla vita, alla speranza, al mistero e all’inquietante realtà del mondo. Queste opere s’inscrivono nella scia dell’espressionismo astratto, mettendo in evidenza la materia e il colore utilizzato come materia. Tuttavia – a differenza del movimento americano che si distinse negli anni dell’immediato dopoguerra, il quale annientava ogni intenzione, privilegiando l’istante della creazione, l’avvenimento anziché l’immagine – Friedler intende definire una realtà immaginaria. Le opere di Friedler mostrano l’invisibile e trasportano ognuno nelle trincee del proprio animo, nell’analisi introspettiva che collega l’opera all’inconscio e invita al viaggio interiore”.
Mentre il critico d’arte Gianluca Marziani, autore di alcuni dei testi del doppio catalogo che accompagna la mostra, scrive: “I quadri si mescolano alle sculture polimateriche, alle installazioni ambientali, ai progetti di scrittura e ai linguaggi tecnologici. Ne risulta, appunto, un corpus unico che si distende attraverso la regia archeologica, i rituali apotropaici, il sublime oltre il visibile ma anche attraverso la cronaca umana, la traccia senziente, la prammatica del vissuto collettivo. La pittura ritrova così la scia atavica dell’essenza, la sua natura sciamanica, l’origine selvaggia prima del capitalismo, la trama iniziatica che ingloba ogni forma speculativa. Friedler ha scelto questa via, la più impervia e acuminata, strada indomabile ma ricchissima, espressione grezza di una grammatica metafisica, quella che precede ogni sintassi, ogni socialità, ogni evidenza politica.”.

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