Divine e Avanguardie. Le donne nell’arte russa


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Le opere delle protagoniste delle avanguardie dell’arte russa sono esposte a Palazzo Reale di Milano fino al prossimo 5 aprile e raccontano due secoli di storia.

Lungo il percorso sono allineate zarine, madonne, sante, contadine, muse, rivoluzionarie diventate icone ma anche creatrici di capolavori assoluti, come suggeriva Tolstoj, “le donne sono la vite su cui gira tutto”.
Questa mostra pone l’accento sul loro contributo alla storia dell’arte e il loro ruolo nella società per l’emancipazione e il riconoscimento dei diritti femminili.
Sono qui esposti 90 capolavori, in buona parte inediti in Italia, articolati in 8 differenti sezioni e 2 grandi capitoli: da un lato i ritratti dei grandi maestri, dall’altro quelli delle artiste.

Natalja Goncharova, Fabbrica, 1912, olio su tela © State Russian Museum, St. Petersburg

Nella prima sala, vi è il raggruppamento di ritratti religiosi e icone che possiamo ritrovare tutt’oggi nel krasnyj ugol, l’“angolo rosso” delle campagne, a sottolineare quanto fino al Settecento circa la cultura in Russia non era laica. La seconda sala è dedicata alle zarine di tutte le Russie, dove si trova anche Caterina la Grande e, tra i due ritratti, è racchiusa tutta la sua vita. Il primo risale alla campagna di Crimea; il secondo, di Dmitry Levitsky, è la potente e sontuosa imperatrice che ha detronizzato il marito.

Le sezione dedicata alla Russia agricola ignorata (anche artisticamente) fino a metà Ottocento, quando avvenne una rivalutazione della vita contadina, è allestita nella terza e quarta sala. Qui diventano protagonisti i servi della gleba, gente sfruttata, come dichiarano i tratti crudi di Pakhomov, che nella Mietitrice ritrae una simbolica schiena spezzata. Mentre, il suprematista Malevič abbraccia il “Suprenaturalismo” e desoggettivizza le lavoratrici come manichini.

In molte opere si concentrano la femminilità svelata e la dimensione dell’amore, mostrando l’animo più intimo e domestico di una Russia in fermento. Ne è esempio il ritratto della poetessa Anna Achmatova, di Kuzma Petrov-Vodkin, dove si intravede in evanescenza il marito ucciso, il poeta Gumilev.

L’ultima sala è dedicata al realismo che incontra le amazzoni dell’avanguardia. Natal’ja Goncharova rappresenta l’esempio delle sperimentazioni di colei che declinò con originalità le avanguardie europee per poi ritrovare l’arte popolare russa. Accanto a lei Popova Rozanova supera il figurativismo abbracciando il Suprematismo, tanto da esser definita da Malevič stesso “l’unica vera suprematista”. Celebre anche Aleksandra Ekster, con la sua notevole sensibilità futurista. Seguono poi altre opere dedicate alla vita russa come quelle della Serebrjakova e il percorso termina con il realismo socialista della scultrice Vera Mukhina e il suo modello in bronzo del complesso scultoreo “L’operaio e la kolchoziana” per il padiglione URSS all’Expo di Parigi del 1937.

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