We Hybrids!


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L’Istituto Svizzero di Roma, ospita fino al 31 gennaio 2021 la mostra “We Hybrids!” realizzata a cura della nuova Head Curator Gioia Dal Molin. La mostra collettiva raggruppa sei giovani artisti(e) della Svizzera che affrontano il concetto dell’ibridismo attraverso diverse modalità mediatiche e narrative. Le interazioni e le connessioni tra l’uomo e la tecnologia, così come la fusione di corpi organici, microbici o meccanici, sono i temi posti al centro del lavoro di Vanessa Billy (Ginevra 1978).

We Hybrids! Chloé Delarue (primo piano) – Gabriele Garavaglia (a parete) – Dominique Koch (sullo sfondo). Installation view at Istituto Svizzero, Roma 2020. Courtesy of the artists & Istituto Svizzero, Roma-Milano

Nella mostra l’artista espone, tra le altre opere, cromosomi potenzialmente geneticamente mutati e un’installazione con impronte in silicone che potrebbero provenire dall’uomo, dall’animale e dalla macchina. Chloé Delarue (Le Chesnay, FR 1986) è interessata sia ai racconti cyberpunk, sia all’influenza degli sviluppi tecnologici sul corpo e sulla mente umana. Dal 2015 lavora al suo complesso corpo TAFAA (Toward A Fully Automated Appareance), composto da un assemblage ibrido di materiali organici e inorganici che evocano per somiglianza resti archeologici del futuro. Florian Germann (Kreuzlingen 1978) sperimenta con differenti materiali e le loro “energie” (come lui stesso le definisce), e conferisce alle sue sculture storie e aneddoti particolari. È affascinato da Blade Runner, dai cyborg e dagli alieni. I due oggetti da lui creati appositamente per la mostra risultano da combinazioni tra uomo, animale e macchina. Nelle vene calde, scintillanti, color simil pelle e geometricamente ridotte di questi ‘esseri’ scorrono benzina e olio. Influenzata da forme narrative speculative della letteratura di fantascienza, nella quale finzione e realtà si mischiano, la serie di foto Fook Moon (2017/2020) di Gabriele Garavaglia (Vercelli 1981) prende spunto da una performance e mostra una serie di ritratti di creature simili a esseri umani con occhi, però, spaventosamente disumani. Allo stesso tempo, un grande simbolo graffitato sul muro ci ammonisce contro il ‘biorischio’ (‘Biohazard’). Progettato negli anni ’60, il simbolo avverte dei pericoli derivanti da sostanze o organismi di origine biologica – rifiuti sanitari, virus o campioni contaminati da microrganismi. Mette quindi in guardia contro l’infezione e di conseguenza anche contro la mescolanza di materia umana e non umana, l’essere ibrido. Nel suo video Holobiont Society, Dominique Koch (Lucerna 1983) traccia i rapporti di potere del presente capitalista, che funge da sistema ibrido, talvolta conflittuale. Così facendo, l’artista richiama l’idea biologica dell’olobionte, ovvero un organismo in cui convivono ospite, microbi, batteri e virus. Infine, Pamela Rosenkranz (Altdorf 1979) presenta due nuovi dipinti della serie Sexual Power, realizzati sotto gli effetti del Viagra, sostanza prodotta sinteticamente che, una volta assunta, la trasforma in un essere ibrido, combinando le sue capacità umane con quelle di una sostanza prodotta artificialmente.

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