I Peccati. Johan Creten


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All’Accademia di Francia, Villa Medici, a Roma è allestita fino al 31 gennaio 2021 una mostra dedicata a Johan Creten, organizzata dalla stessa Accademia e realizzata a cura di Noëlle Tissier con il sostegno delle gallerie d’arte Almine Rech e Perrotin.

Si tratta di un’esposizione che raccoglie per la prima volta in Italia un insieme di cinquantacinque opere in bronzo, ceramica e resina, affiancate ad alcune opere storiche di Lucas Van Leyden (1494-1533), Hans Baldung (1484-1545), Jacques Callot (1592-1635), Barthel Beham (1502- 1540) e Paul van Vianen (1570-1614).

Johan Creten, © Clair Dorn, 2018

Johan Creten (1963) è un artista precursore, inclassificabile e controcorrente che si è distinto nel panorama artistico degli ultimi anni in quanto figura forte, enigmatica e intrigante. Dotato di una visione estremamente attuale della nostra società, ha saputo ritagliarsi uno spazio specifico all’interno della scena internazionale della creazione contemporanea. Distintosi fin dagli anni Ottanta per l’uso innovativo della ceramica, è attualmente considerato una figura di spicco nel campo dell’arte contemporanea. Egli parla di “Slow art” e della necessità di un ritorno all’introspezione; il suo è un lavoro che va dalla miniatura alle figure monumentali e che ci permette di appropriarci del nostro tempo facendoci immergere in un’esplorazione del mondo con i suoi tormenti individuali e sociali, per un viaggio pieno di sorprese ed emozioni. Tra le sue caratteristiche più peculiari vi è un uso particolarmente virtuoso del bronzo nella realizzazione di sculture monumentali, di cui un significativo esempio è rappresentato da “De Vleermuis – Il pipistrello”, ora esposto nei giardini di Villa Medici.

Le sue sculture, realizzate appositamente per questa occasione tra il 2019 e il 2020, si aggiungono alle opere che scandiscono la sua carriera dagli anni Ottanta ad oggi e sono abbinate a stampe, arazzi e bassorilievi dei secoli XVI e XVII appartenenti  alla sua collezione personale. Le opere storiche scelte dall’artista sono veri e propri riferimenti al suo processo creativo e ne rivelano le preoccupazioni, sia dal punto di vista artistico che storico, politico e filosofico. L’intreccio di queste opere all’interno dell’esposizione stravolge la nostra percezione da molteplici punti di vista, mettendo in discussione il futuro dell’umanità proprio attraverso il passato.

La mostra è accompagnata da un catalogo con testi di Colin Lemoine e Nicolas Bourriaud, un’introduzione di Noëlle Tissier e fotografie di Gerrit Schreurs.

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