Un artista chiamato Banksy


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Per la riapertura dopo il fermo generale causa pandemia, Palazzo dei Diamanti di Ferrara riprende da dove ha sospeso con la mostra di Bansky, organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte in collaborazione con Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea e con l’Associazione Culturale MetaMorfosi.

La mostra, che rimarrà aperta fino al 27 settembre, è realizzata a cura di Stefano Antonelli, Gianluca Marziani e Acoris Andipa ed è composta da un centinaio di opere, tutte provenienti da collezioni private e che ripercorrono tutto l’arco produttivo fino ad oggi, mentre l’artista ne è solo stato informato ma non coinvolto.

Banksy, Gangsta Rat, 2004, Collezione privata

Di Banksy, avvolto in quel mistero che gli conferisce notorietà, si sa poco e non si conoscono i suoi tratti fisici; sembra che sia originario di Bristol e che sia nato intorno al 1974. Ciò che, invece, si sa è che ha raggiunto una notorietà globale. Le sue opere sono considerate di grande potenza etica, evocativa e tematica che fa del lavoro di Banksy la miglior evoluzione della Pop Art originaria, l’unico che ha connesso le radici del pop, la cultura hip hop, il graffitismo anni Ottanta e i nuovi approcci del tempo digitale.
Sono qui rappresentati vent’anni di attività che iniziano con i dipinti della primissima fase della sua carriera fino alla produzione di un anno fa con le opere provenienti da Dismaland, come la scultura “Mickey Snake” con Topolino inghiottito da un pitone. Ci sono poi gli stencil e le serigrafie che Banksy considera vitali per diffondere i suoi messaggi. Il tutto è accompagnato in mostra da ricche schede testuali in grado di ricostruire storie, aneddoti, provenienze e relazioni, in un percorso di approfondimento che permette di scoprire l’artista nelle sue molteplici angolazioni.

Tra il 2002 e il 2009 Banksy pubblica 46 edizioni stampate che vende tramite la sua casa editrice Pictures on Walls di Londra. Si tratta di serigrafie che riproducono alcune tra le sue più famose immagini, molte delle quali sono state usate nei suoi interventi all’aperto, che sono diventate “affreschi popolari”. Oltre trenta serigrafie originali sono state selezionate dai curatori per la mostra ferrarese. Tra queste le ormai iconiche “Girl with Balloon”, serigrafia su carta del 2004-05 votata nel 2017 in un sondaggio promosso da Samsung, come l’opera più amata dai britannici, e “Love is in the Air”, una serigrafia su carta che riproduce su fondo rosso lo stencil apparso per la prima volta nel 2003 a Gerusalemme sul muro costruito per separare israeliani e palestinesi nell’area della West Bank, che raffigura un giovane che lancia un mazzo di fiori, messaggio potente a un passo dai lanciatori di pietre del palcoscenico più caldo del Mediterraneo. Presente, con tutti i suoi rimandi all’iconografia rinascimentale reinterpretata e rielaborata secondo la tecnica del “détournement” che ne mette in crisi il significato classico, la “Virgin Mary”, conosciuta anche come “Toxic Mary”, una serigrafia su carta del 2003 che secondo alcuni rappresenta una dura critica di Banksy a ruolo della religione nella storia.
Fondamentali in mostra sono i dipinti realizzati con spray o acrilici su diversi tipi di supporto. Tra questi uno dei suoi primissimi lavori, “Lab Rat”, realizzato in spray e acrilici su compensato nel 2000, originariamente pannello laterale di un palco allestito presso il festival di Glastonbury, venne dipinto sul posto; il pannello è rimasto poi per anni in un magazzino e alla sua riscoperta nel 2014 è stato autenticato dall’artista. In mostra anche il CCTV Britannia, spray su acciaio forato del 2009, che trasforma la lancia della figura femminile che personifica la nazione inglese in un supporto per una telecamera a circuito chiuso, messaggio non troppo nascosto contro il controllo esercitato sugli spazi pubblici, luoghi prediletti da Banksy per il suo agire.
Completano la mostra diversi poster da collezione, le banconote Banksy of England, alcune t-shirt rarissime e i progetti di copertine di vinili.

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