Bongiovanni Radice. Una pittura borghese


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Fino al 27 marzo prossimo, alla Fondazione Adolfo Pini a Milano sono esposti, in una veste insolita, i lavori pittorici di Renzo Bongiovanni Radice (1899-1970), zio materno di Adolfo Pini, nella mostra intitolata “Una pittura borghese”.

Renzo Bongiovanni Radice, La neve sul vigneto, 1966, olio e pastello su tela, 73×92 cm

Le opere in mostra raccontano la carriera pittorica e l’anima di Bongiovanni Radice, dal ventennio del Novecento fino agli ultimi anni della sua produzione artistica (1970). I cinquant’anni in cui si dipana la sua vicenda sono probabilmente tra i più vulcanici di tutta la storia dell’arte, ma Bongiovanni persegue la sua strada in solitaria, senza preoccuparsi delle “novità”. Cerca infatti di affinare sempre più quell’idea di pittura tradizionale in cui si riflettono mille suggestioni mutuate da altrettanti artisti, che assume allo stesso tempo quell’aspetto di “decoro” tipico della borghesia industriale milanese. Quasi una ricetta: conoscere tutto, prendere il meglio, lasciar sedimentare sino a quando il meglio, raffreddato, non rischia più di bruciare il palato.

Nei lavori di Bongiovanni Radice si riconosce una derivazione ottocentesca importante, una pacata adesione agli stilemi del Novecento italiano, senza però il monumentalismo delle figure, dopo il suo primo periodo, e una curiosità spinta sin quasi alla citazione dei vedutisti più famosi tra Sette e Ottocento. Ma ciò che alla fine esce da tutte le opere è la malinconia di un uomo solo con se stesso, impegnato in un rapporto stretto con la natura, cui chiede risposte all’esistenza, mentre le città che pure ha amato, come Milano, Parigi, Venezia, sono quasi sempre ritratte in inverno e vuote dei loro abitanti.

Prima di essere un pittore, Renzo Bongiovanni Radice è un uomo del suo tempo. Un’affermazione che, applicata al pittore, assume il valore contemporaneamente di una conferma e di una rinuncia. Una conferma, nel senso della sua vocazione artistica e pittorica; una rinuncia, perché l’ambito familiare, cioè il contesto altoborghese entro cui viveva, lo ha amabilmente distolto dal poter vivere appieno questa esperienza esistenziale.

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