Notre Dame de Paris: la Grande Bellezza ferita


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Ormai è passato quasi un anno da quel maledetto 15 aprile 2019. Un anno che sarà ricordato per lo shock emotivo che ha suscitato in molti di noi la Cattedrale di Notre Dame in fiamme.

Notre Dame brucia! Era già successo molte altre volte nella Storia; molte peripezie hanno investito questo monumento unico, con il suo impianto gotico. In particolare durante la Rivoluzione Francese ci furono i danni più ingenti alla parte materiale del complesso architettonico.

Incendio di Notre Dame de Paris

Forse, però, non tutti sanno che questo apparente esempio di architettura gotica per eccellenza[1], così non è. Infatti gran parte dell’immagine della Cattedrale, simbolo di una intera civiltà, quella europea, in particolare quella cristiano-cattolica, ma più in generale con un senso religioso universale, proprio quella immagine che moltissimi conservano nella memoria e nel loro cuore, e anche i fortunati che hanno potuto visitarla prima che fosse corrotta dal fuoco, si proprio quella immagine di splendore e di austerità, è in realtà il prodotto, per una quota parte di tutto rispetto, del restauro stilistico dell’architetto Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc[2]. Nell’Ottocento questa personalità del mondo dell’architettura ha aggiunto, abbellito, appunto in stile, castelli e cattedrali; ma nel caso di Notre Dame si è spinta oltre.

Già il celebre Victor Hugo ricordava, nell’omonima opera, che questo luogo era ormai il simbolo vivente dell’imbarbarimento di un’epoca[3]. Insomma la Cattedrale di Notre Dame è esito dell’idea che del gotico avevano i romantici e in particolare il già citato Viollet-le-Duc; eppure questa chiesa in stile gotico oggi molti, moltissimi, la vorrebbero rivedere come la ricordano nella loro mente.

Questo è il destino di una icona; connettersi in modo misterioso con tutta l’umanità e nello stesso tempo portare un messaggio personale a ciascuno. Sembra quasi che si stia materializzando l’opera di Victor Hugo per ammonirci. La mente, allora, torna ai grandi incendi che hanno danneggiato, e nei casi più gravi annientato, architetture uniche del panorama italiano; in particolare ricordo il Teatro Petruzzelli di Bari nel 1991, il Teatro alla Fenice di Venezia nel 1996, la cappella della Sindone di Torino l’anno successivo, ma anche l’appartamento di Vittorio Emanuele II e il Torrione sud-est del Castello di Moncalieri nel 2008.

Parigi, la Ville Lumière, simbolo dell’amore, della bellezza, culla di una civiltà[4], quella europea, è stata vista in mondovisione mentre era ferita e bruciava il suo cuore, nell’ Île de la Citè.

Parigi, centro della cultura da cui trae origine la disciplina del restauro architettonico, è stato il principio motore da cui tutto è iniziato. Soltanto nel corso del Novecento il restauro si è andato a connotare in modo autonomo ed originale. Questo contributo da parte della Francia resta imprescindibile, ma occorre superare il solo moto emotivo e chiedersi che senso ha il nostro attaccamento ad un luogo simbolico.

Già Walter Benjamin, descrivendo il rapporto di appropriazione che la cultura contemporanea stabilisce con il passato, osservava che il vero metodo per rendere presenti a noi stessi le cose è quello di rappresentarle nel mondo interiore, lo spazio interno di ciascuno.

Quindi appare estremamente umano e ragionevole voler ricostruire secondo l’immaginario collettivo l’immagine della Cattedrale. Tuttavia resta il fatto che è pura utopia voler ricostruire l’infranto[5] senza manomettere la materia originale, in quanto già distrutta dal fuoco. Ma la guglia riproposta nell’Ottocento nel restauro stilistico di Viollet-le-Duc, pur non essendo l’impianto originario gotico, ha una sua dignità e originalità che merita di essere storicizzata.


[1]    Thomas Wieder, Jérome Gautheret (Le Monde), La Cattedrale per eccellenza, Internazionale, n. 1304, pp. 80-81.

[2]    Alberto Mattioli, Da Victor Hugo al général De Gaulle: culla di fede dove si è fatta la storia, La Stampa, p. 5.

[3]    In quanto le parti interne della Cattedrale di Notre Dame erano in condizioni di degrado notevole ed erano addirittura state celate con bandiere prese dal nemico ad Austerlitz, ai tempi di Napoleone I.

[4]    Cfr. la Lectio Magistralis di Fernando Savater, Salone Internazionale del Libro, La Stampa, Tuttolibri, p. 4.

[5]    Rosa Tamborrino, Notre-Dame un falso storico? Discutiamone, Il Manifesto, 10 maggio 2019; https://ilmanifesto.it/notre-dame-un-falso-storico-discutiamone/

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