No, Oreste, No! 
Diari da un archivio impossibile


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La Project Room del MAMbo, Museo d’Arte Moderna di Bologna è uno spazio dedicato alla riscoperta di alcuni degli episodi artistici più stimolanti e innovativi originati in ambito bolognese e regionale. Per questo spazio, Serena Carbone cura la mostra “No, Oreste, No! 
Diari da un archivio impossibile”, aperta fino al 5 maggio, incentrato sull’esperienza artistico-relazionale di Progetto Oreste, nata nel 1997 e conclusasi nel 2001.

Oreste Uno a Palliano, 1998, Foto s.a.

Oreste era “un insieme variabile di persone”, di artisti che si sono scelti e trovati per un determinato tempo per condividere una certa maniera di vedere il mondo.
 Oreste ha agito da precursore, ha sperimentato e anticipato un modus operandi indipendente, alternativo a quello istituzionale, totalmente orizzontale e non gerarchico, ponendo l’accento sul processo e anticipando tendenze oggi date per scontate come la ricerca in spazi non profit e le residenze d’artista.

Alla base del progetto vi erano le relazioni, il dialogo e le interconnessioni nella cornice di un “spazio” libero in cui stimolare l’incontro, la discussione, l’aggregazione, l’esplorazione di nuovi territori sentendosi parte di una comunità multiforme accomunata dal linguaggio condiviso dell’arte. Da Oreste non scaturivano opere né mostre ma luoghi e momenti di confronto.

Oreste si spegne naturalmente nel 2001, dopo aver ospitato, sostenuto e prodotto un numero indefinito di progetti, realizzati e non, nelle città in cui si installava e altrove. Il progetto ha coinvolto quasi trecento persone tra artisti italiani e stranieri, critici, galleristi, collezionisti e persone interessate, ma coloro che lo hanno accompagnato con continuità nelle diverse fasi della sua vita in verità sono stati poco più di una decina.

Questa mostra ha come fulcro ciò che resta oggi di Oreste: gli artisti con le loro vite e le loro ricerche, l’archivio composto da materiale audio-video e cartaceo, il materiale sulle pagine ancora navigabili di UnDo.Net e la vitalità che ne animava gli incontri e i dialoghi.

L’Archivio Oreste si realizza grazie al lavoro di raccolta e manutenzione dei documenti da parte di Emilio Fantin, Giancarlo Norese, Luigi Negro e Cesare Pietroiusti, artisti che hanno partecipato attivamente al progetto, grazie alla cui iniziativa si è avviata già da un anno la riscoperta delle fonti e delle dinamiche che lo attraversarono.

Quello presentato al MAMbo è però, per forza di cose, un archivio incompleto e per certi versi impossibile: proprio a causa della natura fluida di Oreste, parte di esso è infatti inevitabilmente andata dispersa o è rimasta nei singoli archivi dei partecipanti.

In mostra vengono esposti testi, fotografie, libri, cataloghi, riviste, flyers, locandine, lettere, e-mail, per ricostruire il grande network che l’invisibile Oreste, in pochi anni, ha intrecciato con il mondo dell’arte.

Nell’ambito dell’esposizione sono visibili anche diversi video di documentazione sulle residenze e la partecipazione alla Biennale e due installazioni: la prima è Oreste Vision di Mario Gorni e Paola Di Bello, realizzata ed esposta in occasione della mostra Le Tribù dell’Arte, a Roma, nel 2001; la seconda, Illustre Scultura Polimaterica di Lu Cafausu, realizzata al Link nel 2010 con “scarti di produzione” messi a disposizione da più di 30 artisti, sarà nuovamente in mostra in una versione parziale che verrà completata domenica 14 aprile con nuove aggiunte.

La mostra è accompagnata da una pubblicazione in distribuzione gratuita al MAMbo con un testo istituzionale di Lorenzo Balbi, l’introduzione di Serena Carbone e una serie di interviste.

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