Emanuele Mascioni. Il Taccuino di Bor


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Emanuele Mascioni, Bor Notebook 36, 2018

Fino al 28 gennaio prossimo, l’Accademia d’Ungheria a Roma propone, in collaborazione con la Biblioteca e Centro Informativo dell’Accademia Ungherese delle Scienze, la mostra fotografica “Il Taccuino di Bor” di Emanuele Mascioni (Roma,1967), curata da Antal Babus, Gyozo Ferencz e Ilari Valbonesi. 

Il titolo della mostra è lo stesso della serie fotografica di Emanuele Mascioni realizzata nel 2016 a Bor, cittadina nella Serbia orientale sorta ai margini della grande miniera di rame RTB Bor, titolo ispirato dalla visita del fotografo di questi luoghi e della loro storia. 

Il 20 maggio 1944, il poeta ungherese Miklós Radnóti (1909 – 1944) venne deportato in questa zona mineraria, e all’inizio di novembre dello stesso anno, trucidato con altri ventuno compagni di lavori forzati sulle sponde del fiume Rábca. Durante la riesumazione della fossa comune nei pressi di Abda, insieme a documenti, foto e lettere, venne ritrovato anche un taccuino con le sue ultime liriche, scritte in prigionia, a cui è stato dato il nome Taccuino di Bor (Bori Notesz). 

La storia di Bor, periferia senza centro, tramanda il ricordo dell’area concentrazionaria, il grande sbancamento, il socialismo reale, senza avere avuto la chance di fare di quelle ferite un monumento di qualche interesse. Il racconto di Emanuele Mascioni obbliga a passare da un’immagine a un’altra, per approfondire, per cogliere qualcosa d’altro, e che solo dopo molti impossibili ritorni alla fine si rivela in ogni sua fotografia: il decentramento preso come soggetto in sé stesso.

Una sezione della mostra è dedicata alla storia di Radnóti e del Taccuino, ricostruita grazie ai documenti del lascito di Fanni Radnóti, conservati presso la Biblioteca dell’Accademia delle Scienze di Budapest. 

Il catalogo pubblicato per l’occasione costituisce la prima edizione italiana integrale del Taccuino di Bor di Miklós Radnóti tradotto da Edith Bruck. 

In appendice, 14 tavole sulla storia della prigionia di Miklós Radnóti realizzate dall’illustratore serbo Aleksandar Zograf, che fin dall’inizio del progetto ha instaurato con il fotografo un dialogo artistico a distanza su questa prodigiosa vicenda di valore universale. 

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