L’Arte che protegge. Pittura contemporanea e Sacro


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Daniele Vezzani

Fino al 13 gennaio prossimo, al Palazzo dei Capitani del Popolo di Ascoli Piceno è visitabile la mostra “L’Arte che protegge. Pittura contemporanea e Sacro”, realizzata a cura di Camillo Langone, promossa dal Comune di Ascoli Piceno, in collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù e con il contributo fondamentale della Società Ascoli Reti Gas, che è una ricognizione nel panorama italiano dell’arte sacra contemporanea. 

Per secoli la Chiesa è stata segnata dal rapporto fraterno tra arte e liturgia, tra arte e fede, per usare un’espressione di Joseph Ratzinger, poi arrivata la Modernità, e con lei la secolarizzazione, questo legame si è spezzato e oggi diventa difficile spiegare l’arte sacra. Nel tempo profano in cui la Chiesa commissiona molto meno che nel passato, e con molto meno rigore teologico, spesso senza esigere il rispetto nemmeno dei più elementari criteri iconografici cattolici, che cosa producono gli artisti comunque attirati dal sacro? Infine, che cosa può offrire l’arte a chi continua a cercare il trascendente? La mostra L’Arte che protegge. Pittura contemporanea e Sacro nasce in risposta a queste domande fornendo anche una sorta di stato dell’arte sacra in Italia. 

Nonostante il clima culturale, il confronto con il sacro non è per nulla infrequente nelle opere degli artisti contemporanei, con una tensione trascendentale spesso sottovalutata e dunque da evidenziare.

In mostra trentadue artisti di varie generazioni attivi nel panorama italiano della pittura, in un arco lungo mezzo secolo che si estende da Ercole Pignatelli (classe 1935) fino a Ilaria Del Monte che è dell’85. L’ambito privilegiato da tutti gli artisti è quello figurativo, al cui interno trovano spazio le rappresentazioni più realistiche e quelle più stilizzate. Si va dalle reinterpretazioni delle Storie dei Santi con La Strada del Santo di Stefano Di Stasio in cui uno smarrito San Francesco in compagnia del lupo si muove in un minaccioso sfondo metropolitano, alle scene di natività, ricreata da Vanni Cuoghi come una scenografia tascabile o nei dipinti di Letizia Fornasieri e Giulia Huober, passando per le Madonne arricchite da un citazionismo a tratti pop, come il trittico Madonnina del vetro, Madonnina della passione, Madonnina del cardellino di Fulvia Mendini, a tratti surrealista come la Regina Pacis Mundi Spes di Giuliano Guatta oppure ispirato alla tradizione quattrocentesca come Mary’s finger, olio di Federico Guida. 

Alcune opere in mostra erano già esistenti, altre sono state create per l’occasione. Appositamente realizzata anche l’unica scultura, plasmata in terracotta dallo scultore piceno Paolo Annibali, solito a confrontarsi col sacro.

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