Adelita Husni-Bey. Adunanza


Stampa

Adelita Husni-Bey, Postcards from the Desert island (still), 2010-2011, SD video, 22’23”-Courtesy l’artista e Kadist Art Foundation

Alla Palazzina dei Giardini della Galleria Civica di Modena è accolta la mostra “Adunanza”, realizzata a cura di Diana Baldon e Serena Goldoni, che riunisce l’eterogenea produzione che Adelita Husni-Bey (Milano, 1985, vive a New York) ha sviluppato negli ultimi dieci anni tra video, installazioni, opere pittoriche, serie fotografiche, disegni e lavori su carta.

Fin da giovanissima, Adelita Husni-Bey s’interessa a temi politici e sociali complessi indagandoli attraverso studi di sociologia, teorie educative anarco-collettiviste e pratiche d’insegnamento sperimentali. Le sue opere si fondano e nascono da processi collettivi, nella forma di workshop e giochi di ruolo che hanno visto la partecipazione di varie tipologie di comunità, tra cui figurano studenti, atleti, giuristi e attivisti politici. La pratica di Adelita Husni-Bey si sviluppa con mezzi espressivi differenti, ma in tutte le sue opere, anche in quelle sviluppate attraverso il disegno, il video, la fotografia, la scultura e l’installazione, è riconoscibile la sua sensibilità e matrice pittorica.

Sono diverse le opere che hanno visto il coinvolgimento di gruppi di adolescenti, tra cui la serie “Agency” (2014), composta di una video installazione e una serie di fotografie realizzate nelle sale del Museo MAXXI di Roma.

The Council (2017) è invece una serie fotografica risultante da un workshop svoltosi al MoMA di New York con alcuni giovani partecipanti del programma MoMA teens.

2265 (2015) è una video installazione che restituisce alcuni momenti di un workshop e di una performance tenutisi presso il South Eastern Center for Contemporary Art di New York con un gruppo di giovani autori facenti parte di Authoring Action, organizzazione che si occupa di educare gli adolescenti grazie al potere della scrittura creativa e dell’arte. Il workshop che ha dato origine alla performance, ha analizzato una serie di scenari colonialisti e capitalisti futuri, tra cui la prospettiva di popolare Marte.

Le storie di atleti giovanissimi, che si sono infortunati svolgendo un’attività sportiva, sono raccontate nel video After the Finish Line (2015), in cui, usando un approccio pedagogico radicale e un processo che cerca di spersonalizzare i sentimenti di fallimento, Adelita Husni-Bey ha indagato il significato e le trappole collegate allo spirito di competizione che caratterizza molti ambiti della società contemporanea. Shower (2013) è invece un’installazione realizzata in collaborazione con l’artista Park McArthur, a testimonianza di un dialogo tra modi diversi di esperire la realtà a partire da condizioni di disabilità, che il visitatore è invitato a leggere seduto su sgabelli per doccia dall’inconfondibile design igienico-sanitario. Nella stessa sala, il tema del rapporto con la sofferenza del corpo è affrontato anche dalla serie di disegni di grandi dimensioni “Encontrers on pain” (2015), nati da incontri individuali, su cui l’artista ha ricalcato il corpo dei partecipanti dando forma all’origine sociale e politica del loro dolore fisico.

“White Paper: The Law” (2015) è invece una serie di stampe di grande formato che ripercorre la genesi e l’evoluzione della “Convenzione sull’uso dello spazio”, una bozza giuridica elaborata attraverso una serie di incontri pubblici promossi dall’artista e Casco – Office for Art, Design&Theory di Utrecht per contestare le delimitazioni alla proprietà privata imposte nel 2010 nei Paesi Bassi da una legge sul divieto di occupazione abusiva.

Completano la mostra altri gruppi di disegni e opere su carta che accompagnano e riprendono alcuni dei macro-temi delle installazioni.

Share Button

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *