L’Arte come Ossessione. (Parcours & Bibliothèque)


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Riceviamo e pubblichiamo

Biagio Pancino, Disegnocolore

La mostra “L’Arte come Ossessione”, dedicata a Biagio Pancino presso la galleria comunale Ai Molini di Portogruaro (VE) dal 29 aprile al 24 giugno, vede “Parcours” che sono 30 metri di pittura segnico-futurista alta 2 metri degli anni Settanta (1971). E la “Grande Biblioteca” (1985/1993) che è il tentativo di sistematizzare e controllare il mondo dei valori umani e che discende dalla catalogazione aristotelica. Trattasi, in ultima analisi, della storia di due ossessioni/possessioni visivo artistiche di un nostro grande Protagonista  dell’Arte Italiana; così viene descritto da Roberto Daolio e Renato Barilli nel catalogo della mostra Anniottanta, Mazzotta editore, 1985.

Nato a Santo Stino di Livenza (VE) nel 1931, la sua carriera di autodidatta inizia con la frequentazione di pittori regionali veneti. Nel 1948 emigra, prima a Zurigo, poi a Parigi, dove dal 1952 si stabilisce definitivamente. Tiene contatti con l’ambiente spazialista veneziano, grazie all’amico Joppolo col quale si è incontrato con Tancredi a Parigi, dove lo stesso Beniamino Joppolo si è stabilito dal 1954. Pancino dopo un inizio pittorico alla luce di un realismo sociale si avventura in pittura cubo/futurista derivatagli dalla frequentazione degli studi di Severini e di Leger. Questa pittura viene presto superata dall’informale degli anni Cinquanta, che vigeva allora in Parigi, mescolato a quello spazial/futurista delle rimpatriate veneziane. Dal ’68 al 1975 espone le sue ricerche sul colore e sul vuoto accanto ad artisti come Daniel Buren e Niele Toroni per avviare, subito dopo il ’75, una sua personale riflessione sull’Effimero e la caducità della materia che pervadono la vita e l’arte contemporanea. Ciò lo conduce all’inserimento nel quadro di materiali organici, e quindi deperibili, a dimostrazione dell’ineluttabilità di un destino di consunzione che investe l’opera stessa la quale si salva solo attraverso la pellicola colorata che egli dà a questi elementi organici (Carciofi, e soprattutto Patate) definendo il tutto come Universalis Polychromia . Negli anni Ottanta tiene alcune conferenze/performance al Beaubourg e nel 1985 viene chiamato da Renato Barilli alla mostra Anniottanta di Rimini dove è posto fra i Protagonisti Italiani. Giorgio Celli l’entomologo, e il critico Roberto Daolio, s’interesseranno a questa sua fase sull’Effimero che viene storicizzata nel 1981 con un libretto a loro firma in una mostra a Palermo dentro la Vuccirìa. Biagio Pancino, da quel momento in poi firmatosi come BP, vive e lavora nei dintorni di Sens, nella splendida campagna parigina, che lo  ha onorato con mostre personali e una grande recente antologica. In Italia ha pubblicato 5 libri sulla sua opera tutti curati da Boris Brollo.

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