Una, nessuna e centomila


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Kriszta Nagy x-T

All’Accademia d’Ungheria in Roma, Palazzo Falconieri, dal 20 febbraio all’11 marzo è allestita la mostra “Una, nessuna e centomila”, realizzata a cura di Daina Maja Titonel, che presenta le opere di tre artiste: la serba Milica Cirovic, l’italiana Lucia Crisci e l’ungherese Kriszta Nagy x-T.

Questa mostra propone tre differenti declinazioni del concetto d’identità, tema su cui concentrano da sempre l’attenzione le tre artiste, accomunate dall’utilizzo del proprio corpo e del mezzo fotografico nelle rispettive espressioni artistiche.

Milica Cirovic (Belgrado, Serbia, 1984) presenta la performance fotografica “Amanti eterni”, in cui interpreta sette figure maschili che esercitano su di lei una forte fascinazione intellettuale ed estetica: Gian Lorenzo Bernini, Anthon Chekov, Fyodor Dostoyevsky, Albrecht Dürer, El Greco, Ivan Kramskoy e Rodolfo Valentino. Una metamorfosi scatenata da uno dei desideri più intensi nell’innamoramento: diventare un tutt’uno con la persona amata. Amanti eterni è la storia di un amore platonico verso uomini distanti nel tempo, di eros per il sapere che si trasforma in sottile erotismo.

Lucia Crisci (Roma, 1981) espone la serie Ritratti in cui la sagoma dell’artista, coperta di volta in volta da stoffe variopinte o a tinta unita, si staglia su uno sfondo composto dal medesimo ordito. Lucia Crisci riflette sul nostro modo di essere dentro un “sistema”, sull’omologazione in una categoria, in un gruppo sociale o religioso, allo scopo di rappresentare un mondo conforme a modelli collettivi, a volte imposti, a volte ambiti. Un camouflage che talvolta risponde drammaticamente ad un’esigenza di difesa, persino di sopravvivenza.

Kriszta Nagy x-T (Szolnok, Ungheria, 1972) presenta la serie fotografica “Body writings” e l’opera “I am a contemporary painter”, esposta alla Biennale Manifesta del 2016 e parte della collezione del Museo Ludwig di Budapest. Fin dal suo debutto nel 1997 sulla scena artistica, la pittrice e media artist ungherese si appropria del linguaggio e dei dispositivi usati dei mass media (manifesti pubblicitari, foto di moda, pubblicità sui giornali), sottolineando provocatoriamente nel suo lavoro i modelli obsoleti e le incongruenze dei cliché che i media promuovono a proposito dell’immagine del corpo femminile e del ruolo della donna nella società.

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