Un mistero svelato: il ritratto di Massimo d’Azeglio


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Il ritratto di Massimo d’Azeglio

Una piccola mostra allestita alla GAM di Torino fino al 25 febbraio prossimo, riassume il lavoro di indagine volto a ricostruire la storia di un dipinto e a comprenderne il significato nella cultura del suo tempo. Essa è incentrata su un capolavoro della cultura romantica sinora noto come Autoritratto di Massimo d’Azeglio acquistato nell’estate del 2016 dalla Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris per le collezioni della GAM.

La cura della mostra è affidata a Virginia Bertone, conservatore capo della GAM, che alla figura di Massimo d’Azeglio ha dedicato diversi studi e che è stata la responsabile dell’ampia campagna di studio condotta sul fondo d’Azeglio conservato nelle collezioni della GAM (266 dipinti e 28 album che contengono oltre 1300 disegni), affiancata da Alessandro Botta, dottorando in Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università di Udine.

Il percorso della mostra invita il visitatore a ripercorrere le fasi cruciali della ricerca, presentando venti capolavori della cultura figurativa romantica, di cui almeno dieci mai esposti a Torino, insieme a fotografie d’epoca, manoscritti e documenti originali, che portano a svelare il mistero del dipinto.

L’opera può essere oggi restituita a Giuseppe Molteni (1800-1867), uno dei maggiori ritrattisti della Milano romantica, che fu legato da un rapporto di stretta e duratura amicizia con Massimo d’Azeglio (1798 – 1866). Dopo un lungo soggiorno a Roma, d’Azeglio era tornato a Torino nel 1829 per trasferirsi definitivamente a Milano nel marzo del 1831. Quello stesso anno egli si presentava con successo all’esposizione di Belle Arti di Brera, ponendo le basi per consolidare la sua affermazione artistica.

A quel felice periodo corrisponde la selezione delle opere in mostra, che si concentra su dipinti realizzati entro gli anni 1831-1836, periodo che vide una singolare collaborazione tra d’Azeglio e Molteni sul piano artistico e commerciale.

Lo testimonia un interessante acquerello di Francesco Gonin, realizzato a Milano nello stesso 1835, che raffigura d’Azeglio intento a dipingere nell’ampio e confortevole atelier di Giuseppe Molteni. Tra le tele poste sullo sfondo è riconoscibile il grande Ritratto di Alessandro Manzoni, pervaso di impeto romantico, realizzato a quattro mani da due artisti (Molteni per la figura, d’Azeglio per lo sfondo che rievoca le sponde del lago di Como), ma che Manzoni non permise mai di esporre.

Questa tela, raramente concessa in prestito per la sua fragilità, si affianca in mostra a un altro capolavoro, per la prima volta esposto a Torino: si tratta del monumentale Ritratto della famiglia Belgiojoso realizzato da Molteni ed esposto a Brera in quello stesso 1831.

Il Ritratto di Massimo d’Azeglio dipinto da Giuseppe Molteni offre quindi lo spunto per ripercorrere un momento centrale nella carriera dei due artisti. Con effetto attentamente studiato, la figura si staglia sullo sfondo che trascolora dall’arancio all’azzurro creando una sorta di icona dell’artista romantico. Altrettanto interessante è la scelta di rappresentarlo non con pennello e tavolozza, o all’interno dello studio, ma esaltandone le doti intellettuali, una variante che in Italia non aveva ancora molti precedenti, ma che per il talento di d’Azeglio, pittore e scrittore, riusciva calzante.

Il catalogo della mostra, edito da Silvana Editoriale, rinnova la tradizione degli studi scientifici che nel tempo hanno accompagnato la prestigiosa raccolta della Fondazione De Fornaris, la cui finalità è di arricchire le raccolte della GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino.

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