L’arte è fotografia, la Kirchherr e i Beatles


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Kirchherr-Beatles

La fotografia è arte, anche quando sa di non saperlo, come per la maggior parte delle immagini di questo mezzo ‘rivoluzionario’ nato nel 1827 con Nièpce , brevettato nel 1848 da Daguerre e giunto ora, da circa un ventennio, nell’era digitale. La fotografia è arte anche per quanto riguarda Astrid Kirchherr con i primi piani dei Beatles su fondo nero o le figure intere in campo bianco o ancora, fuori dagli studios, i musicisti posano davanti a una camionetta, un luna park, una spiaggia. Per capire meglio questi discorso su ‘La fotografia è arte’ occorre però andare indietro con la memoria collettiva.

Esattamente settant’anni fa vengono poste le basi per i futuri Beatles nel senso che il 6 luglio 1957, John Lennon e Paul McCartney, si incontrano per la prima volta nel cortile della chiesa di St Peter (quartiere di Woolton a Liverpool), dove John si esibisce con il gruppo skiffle The Quarry Men. Per celebrare l’evento, anche in Italia, viene allestita a Bologna dal 7 luglio al 7 ottobre la mostra Astrid Kirchherr with the Beatles grazie a Fondazione Carisbo e Genus Bononiae – Musei nella Città, in collaborazione con ONO arte contemporanea, Ginzburg Fine Arts e Kai-Uwe Franz presentano la bella mostra sulla fotografa d’arte che per prima immortala i futuri Fab Four. Si tratta dei cosiddetti “Hamburg Days”, gli anni formativi dei Beatles nell’Amburgo fra gli anni Cinquanta/Sessanta del XX secolo: la città tedesca è ricca di fermenti culturali e di personaggi curiosi, tra i quali spicca una bionda ventenne carinissima, in stile esistenzialista: la fotografa Astrid Kirchherr diventa quasi subito protagonista della nascente cultura pop internazionale, perché da un lato ritrae il gruppo inglese quando ancora sta crescendo artisticamente con un’arte fotografica per l’epoca insolita, moderna, lungimirante, dall’altro influenza in profondità il gusto estetico dei cinque livepooliani, plasmandolo nel mito pop che oggi tutti riconoscono, amano, copiano.

Astrid incontra per la prima volta i Beatles nel 1960 al Kiserkeller, un affollato localino sulla Reeperbahn dove le rock band britanniche vengono messe sotto contratto per poco denaro onde suonare la musica americana alla moda (non solo rock and roll, ma anche country, folk, r’n’b, rockabilly, eccetera) dal tardo pomeriggio sino a notte fonda (e spesso all’alba); lo scopo è intrattenere e divertire i molti americani presenti, ovvero in particolare i militari di leva e di stanza nella metropoli dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Gli “Scarafaggi” allora comprendono John Lennon (voce, armonica, chitarra), Paul McCartney (voce e chitarra), George Harrison (chitarra solista), Pete Best (batteria), Stuart Sutcliffe (basso): tra i diciotto e i vent’anni (Harrison addirittura non è nemmeno maggiorenne) il quintetto è amico dai tempi delle scuole superiori ed è ad Amburgo in cerca di un po’ di soldi e un po’ di esperienza.

La Kirchherr all’epoca è invece studentessa al politecnico e assistente del celebre fotografo Reinhard Wolf, da cui stava imparando appunto l’arte fotografica riferita soprattutto alla ritrattistica e viene a sapere dell’arrivo della band ad Amburgo grazie all’amico e allora fidanzato Klaus Voormann, un valente grafico e bassista che in seguito collaborerà con molte iniziative beatlesiane, la più famosa delle quali resta il disegna per la copertina dell’album Revolver (1966), il settimo nella discografia ufficiale e anche quello a marcare la svolta psichedelica.

La fotografa introduce John, Paul, George, Pete e Stu all’arte contemporanea, alle mode francesi e alla letteratura esistenzialista, orientandoli verso un drastico cambiamento estetico: le giacche di cuoio, i jeans sdruciti, gli stivaloni alla texana e i capelli brillantinati dal ciuffo a banana lasciano il posto a completi scuri, camice bianche, cravatte sottili, stivaletti in pelle e un essenziale taglio a caschetto che la stessa fotografa sfoggia (ispirata all’attrice Jean Seberg nel film A bout de souffle di Jean-Luc Godard) per diventare, in un paio d’anni, uno dei simboli dei Beatles, del Mersey Beat, del rock inglese, delle nuove generazioni, delle subculture giovanili: le lunghe frange che coprano fronte, orecchie, nuca, riprese dalle acconciature dei paggetti rinascimentali (come pure dal dandy romantico ottocentesco) sono antesignane dei capelloni hippy della controcultura undeground esplosa ovunque in pieno Sessantotto.

Per tornare ai giorni amburghesi (1960-1961) la situazione intanto si complica: Sutcliffe si innamora follemente della Kirchherr al punto da chiederle la mano, lasciare la band per dedicarsi alla pittura (astrattismo infornale) e restare per sempre con lei in Germania: purtroppo un tumore alla testa se lo porta via in pochi mesi. Da allora i Beatles rimasero in quattro e anche Best viene sostituito da un altro luverpooliano per volere della casa discografica: la new entry si fa chiamare Ringo Starr (al secolo Richard Starkey). La pur differenza dipartita di Sutcliffe e Best avviene tra l’altro proprio nel momento in cui i Fab Four stanno diventando un fenomeno massivo planetariamente osannato.

I nuovi Beatles e la sempre più professionale Kirchherr restano rimasero legati da una salda amicizia al punto che la fotografa risulta tra le pochissime persone di un entourage ristretto che a poter seguire il,p quartetto anche negli anni successivi quando ormai John, Paul, George e Ringo sono all’apice della carriera: la biondina regala quindi non solo scatti memorabili e pose celebri, ma anche visioni intime e clic privati, tra vacanze ‘rubate’, e week end in giro per l’Europa.

La Kirchherr passerà forse alla Storia per essere la prima a eternare i sei Beatles in toto con un autentico servizio di posa, offrendo raffigurazioni pressoché sconosciute o ignorate fino trent’anni fa e poi aggiuntesi a rinvigorire l’immaginario già straordinario dei favolosi Sixties: forte dei legami con la band, Astrid risulta altresì la sola fotografa ammessa sul set di “Hard Day’s Night”, il primo dei cinque lungometraggio beatlesiani ancora in bianco e nero (gli altri, tutti invece a colori, saranno nell’ordine Help!, Magical Mistery Tour, Yellow Submarine, Let It Be.

Sul piano della mostra Astrid Kirccherr with the Beatles è un ottimo campoonario di immagini e materiali fino a oggi mai esposti, incluso un prestito della George Harrison Foundation: si può ‘leggere’ e visitare come un affettuoso omaggio di una ragazza a uno stile, a una musica, a giovani coetanei, oppure osservare a ritroso l’iter di un’amicizia, ripercorrendo la stretta intima relazione tra la fotografa e il gruppo: e sullo sfondo, talvolta ben visibile anche nei primi piani agli Scarafaggi c’è Amburgo, ovvero la metamorfosi di un luogo eletto e un momento fondamentale per la rock band che ancor oggi continua a cambiare in meglio la storia della musica pop.

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