Il Rinascimento di Francesco Verla


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Francesco Verla, Madonna con il Bambino in trono, due angeli, San Giuseppe e San Francesco, 1520, Milano, Pinacoteca di Brera

Francesco Verla (1470–1521), è un grande protagonista del Rinascimento tra Veneto e Trentino, purtroppo finito nel dimenticatoio, al quale però il Museo Diocesano Tridentino di Trento dedica una importante, e prima, retrospettiva aperta fino al 6 novembre prossimo, nella quale è riunita la gran parte delle sue opere: dalle soavi pale d’altare ispirate all’“aria angelica et molto dolce del Perugino” ai fregi a grottesche, di cui era uno specialista. L’esposizione è, inoltre, articolata sul territorio con i cicli affrescati nella chiesa di San Pantaleone a Terlago e sulle facciate di Casa Wetterstetter a Calliano. A dar conto di un artista tutt’altro che secondario nell’arte italiana ed europea a cavallo tra Quattro e Cinquecento, “alfiere del Rinascimento” in territorio alpino.

La mostra, curata da Domizio Cattoi e Aldo Galli, completa un complesso percorso di ricerca sviluppato in collaborazione con il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento. L’indagine ha fatto emergere numerosi dati inediti, nuove attribuzioni e documenti finora sconosciuti che vanno a riempire significative lacune nella conoscenza dell’artista e del suo tempo.

Nato presso Vicenza, Verla ebbe una carriera itinerante che lo portò nei primi anni del Cinquecento in Umbria, dove conobbe il grande Pietro Perugino, e a Roma, governata allora da papa Alessandro VI Borgia. Qui si diede allo studio dell’arte antica e delle rovine del Palazzo di Nerone, la famosa Domus Aurea, dove scoprì quel genere di decorazioni, allora di gran moda, che erano dette “grottesche”. Queste esperienze rimarranno indelebili nella sua memoria e il pittore vicentino sarà tra i primi a diffondere a nord del Po un repertorio fatto di dolcissime figure devote e di cornici estrose e bizzarre che lo distinguono nettamente dai contemporanei.

Rientrato in patria, Verla si afferma presto come uno dei pittori più apprezzati di Vicenza, partecipando al cantiere simbolo del Rinascimento in città, quello della chiesa di San Bartolomeo, sciaguratamente distrutta nell’Ottocento. Una grande, bellissima pala d’altare dipinta per una cappella di quell’edificio è stata identificata in quest’occasione ed è presente in mostra.

Il precipitare della situazione politica, che vede Vicenza pesantemente coinvolta nella guerra che contrapponeva la Repubblica di Venezia e l’Impero Asburgico, spinge il pittore a trasferirsi prima a Schio, dove lascia uno dei suoi quadri più ispirati (anch’esso in mostra), e poi, nel 1513, in Trentino. Qui si fermerà per diversi anni, lavorando, oltre che nella città vescovile, a Terlago, a Seregnano, a Calliano, a Mori e a Rovereto, dove prese dimora e dove morì, ancora giovane, nel 1521. In una terra ancora profondamente legata a stilemi gotici, Francesco Verla fece da apripista al rinnovamento culturale e artistico, che di lì a poco si sarebbe sviluppato mirabilmente grazie all’azione del principe vescovo Bernardo Cles.

Ma, molti dei suoi lavori sono andati persi.

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