Le fotografie di Mario Giacomelli


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Mario Giacomelli, Dalla serie Presa di coscienza sulla natura, 1955-84, © Simone Giacomelli

A Legnano, presso Palazzo Leone da Perego, sono esposte fino al 4 giugno le fotografie di Mario Giacomelli (Senigallia, AN, 1925-2000), uno dei fotografi italiani più significativi del Novecento, che John Szarkowski, il direttore del Dipartimento di fotografia del Moma di New York, consacrò nel 1963 tra i cento migliori autori al mondo.

La mostra, a cura di Enrica Viganò, rientra nel programma della sesta edizione del Festival Fotografico Europeo, ideato e curato dall’Afi-Archivio Fotografico Italiano e raccoglie 101 opere selezionate e ordinate personalmente da Mario Giacomelli nel 1984, per un evento espositivo organizzato a Lonato, successivamente donate alla collezione della cittadina bresciana.

Il percorso espositivo si sviluppa secondo nuclei tematici che lo stesso Giacomelli aveva curato per dare una visione complessiva della sua produzione artistica: Mia moglie (1955), La mia modella (1955), Mia madre (1956), Io non ho mani che mi accarezzino il volto (1961-1963), Lourdes (1957), La buona terra (1964-1965), Scanno (1957-1959), Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1955-1956 / 1981-1983), Caroline Branson da Spoon River (1971-1973), Gabbiani (1981-1984).

Perno della mostra sono le 41 fotografie di paesaggi dal titolo Presa di coscienza sulla natura (1955 -1984), un vero e proprio racconto visivo durato per decenni, continuamente indagato con libertà di sguardo e di impaginazione.

Sono qui raccolti i reportage più emozionanti realizzati negli anni sessanta dall’artista marchigiano, come Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1954-56), il cui titolo è tratto da una poesia di Cesare Pavese, realizzato all’interno dell’ospizio di Senigallia. La serie è un’analisi dura, quasi brutale, del tema della vecchiaia, ma condotta con uno sguardo compassionevole e umano, che rivela i pensieri di Giacomelli sulla morte e la malattia.

Interessante è anche l’epopea dei ‘pretini’, ovvero Io non ho mani che mi carezzino il volto, da una poesia di David Maria Turoldo, che coglie la vita di giovani seminaristi nei loro momenti più festosi, sia per una partita di pallone, che per un girotondo o una battaglia di palle di neve.

E ancora La buona terra, che delinea la storia minima dei contadini delle Marche, lungo il ripetersi ciclico del lavoro e delle stagioni. Il quadro che ne risulta è un racconto quasi epico in cui l’uomo è legato alla natura, il contadino ai suoi campi e al lavoro, alla fatica, e dove si respira un’idea di comunità in cui tutti si rendono utili dal più giovane al più anziano.

Giacomelli ha affrontato i temi più diversi attraverso un’intensa sensibilità intrisa di vita, di inquietudine, di sofferenza e di poesia.

A corredo della mostra la casa editrice Edizioni Admira ha pubblicato il catalogo Mario Giacomelli. La collezione della città di Lonato, a cura di Enrica Viganò.

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